giovedì 16 novembre 2023

"Killers of the Flowers Moon”: l’ennesimo capolavoro di Martin Scorsese?


RECENSIONE – Sicuramente “Killers of the Flowers Moon” è l’ennesimo capolavoro di Martin Scorsese. Il film getta lo spettatore prepotentemente nella narrazione di alcuni fatti storici che non sono comunemente noti a tutti: quelli inerenti alla tribù degli Osagi. Nella seconda metà dell’Ottocento il governo statunitense costrinse questo popolo di nativi americani a raggiungere l’Oklahoma, stabilendosi poi nel territorio. Il film è ambientato negli anni Venti del Novecento, quando alcuni membri scoprono il petrolio grazie al quale gli Osagi diventano estremamente ricchi. Tuttavia è anche il momento in cui hanno inizio i loro problemi.

Un manipolo di bianchi avidi e senza scrupoli accorrono nella riserva. Con stratagemmi più o meno velati, cominciano a sterminare la comunità per appropriarsi del denaro e dei beni di valore degli Osagi. La sceneggiatura è stata scritta da Scorsese a quattro mani con Eric Roth, penna che ha una lunga filmografia eccelsa alle spalle (nel 1995 vinse l’Oscar per “Forrest Gump”). Fonte di ispirazione per il soggetto il romanzo “Gli Assassini della Terra Rossa” di David Grann.


Il cast è eccezionale. Brillano su tutti Robert De Niro, Leonardo Di Caprio, Lily Gladstone e Brendan Fraser. Le interpretazioni sono meticolose e all’altezza delle aspettative. Le candidature agli Oscar sono praticamente assicurate. La scelta delle scenografie e la cura dei costumi coronano una fotografia già di per sé dall’incredibile estetica. La regia di Scorsese e l’armonia del montaggio regalano un prodotto superlativo dal ritmo incalzante e la trama coinvolgere. Eppure, per il pubblico meno avvezzo alla filmografia del Maestro e meno appassionato al genere, le tre ore e mezzo di pellicola registrano un calo dell’attenzione nell’ultima ora del film.

Probabilmente perché l’opera non è un vero giallo. A dirla tutta nemmeno si propone per la categoria, ma senz’altro a un certo punto “Killers of the Flowers Moon” diventa la storia di un’indagine. Lo spettatore vive la ricerca senza suspense perché conosce già i responsabili dei delitti. Il film racconta piuttosto la fame di giustizia e verità di un popolo massacrato dall’avidità indomita dell’uomo bianco. Delinea perfettamente – in maniera netta – la linea di confine tra il bene e il male, con guizzo molto razionale. Si palpano tutti i sensi di colpa che tormentano la cultura americana da generazioni.

Nonostante non manchino le scene drammatiche, a questo giro Scorsese non riesce però a regalare momenti capaci di evocare lacrime sincere. Non desta un’empatia viscerale nei confronti delle vittime. Raccoglie umanamente il consenso, ma senza stringere un nodo alla gola. In realtà non fa vibrare nemmeno per la rabbia o l’odio. Non accarezza quelle corde emotive che aveva abbondantemente toccato ad esempio in “Silence” (2016). Il risultato è privo di quella componente divisoria capace di scuotere gli animi con una stretta allo stomaco. Non coinvolge nei sentimenti, non avvicina alla psicologia dei personaggi. Tuttavia “Killers of the Flowers Moon” resta un lavoro confezionato divinamente. Ha il merito di raccontare con potenza una storia taciuta a lungo. Una pagina che è giusto ascoltare dopo decenni di vergognoso silenzio per risvegliare le coscienze sui crimini dell’umanità.

Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 7 novembre 2023.


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giovedì 2 novembre 2023

Teatro Mercadante, “Clitennestra”: lo struggente spettacolo di Roberto Andò


RECENSIONE – Uno strepitoso inizio di stagione teatrale quello inaugurato in questi giorni al Teatro Mercadante di Napoli. “Clitennestra” è in scena già dal 18 ottobre fino a domenica 29. Uno spettacolo di eccezionale pathos. Struggente, angosciante, da brividi. La rappresentazione è ispirata a “La casa dei nomi” di Colm Tóibín. L’adattamento e la regia sono curati da Roberto Andò.

Il cast è composto da notevoli talenti: Isabella Ragonese, Ivan Alovisio, Arianna Becheroni, Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque, Cristina Parku e Anita Serafini. Ogni interpretazione emoziona nel profondo, agguanta lo spettatore nello stomaco. Per un’ora e mezza strappa lacrime di empatia agli animi più sensibili. Complici un uso sapientissimo del sonoro e le scenografie fredde, scarne, squallide come la cecità di certi sentimenti raccontati.

La storia narrata è quella di Clitennestra, moglie di Agamennone e madre di Ifigenia. Non importa se i costumi e le acconciature di scena non sono quelli tradizionali dell’Antichità. Grazie alla maestria della compagnia teatrale, il pubblico riesce ugualmente a percepire tutta la suggestione della mitologia greca.

Le voci strazianti degli attori, i dialoghi solenni e aulici. Ogni dettaglio aiuta il pubblico a vivere il dramma e lo strazio di un racconto che ha attraversato i secoli. Da Omero a Euripide, da Eschilo a Sofocle: la letteratura antica non ha mai riservato sviolinate al personaggio di Clitennestra. La Regina di Micene ha sempre incarnato, nell’immaginario collettivo, la meschina assassina del marito. Una donna traditrice, infedele, infame, vendicativa. Non di certo un angelo del focolare. 

Lo spettacolo di Andò non santifica Clitennestra. Su ispirazione del romanzo dell’irlandese Colm Tóibín, il desiderio è quello di riscattare il personaggio raccontando il suo dolore di madre ingannata. La sua sete di giustizia di fronte a una figlia di sedici anni sacrificata agli dei in nome della guerra. La sua rabbia cieca e determinata. E allo stesso tempo riflettere su come la violenza generi sempre violenza, attivando una spirale perpetua di morte e sangue.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 25 ottobre 2023.


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domenica 22 ottobre 2023

“Barbie”, lo scintillante live-action tutto rosa più discusso dell’estate

 


RECENSIONE – “Hi, Barbie!”, “Hi, Ken!”: senza ombra di dubbio il tormentone più virale degli ultimi mesi estivi. Naturalmente tutto merito del film “Barbie” di Greta Gerwing, tra i più attesi in questo 2023. Non solo. Anche tra i più chiacchierati. Forse il più criticato e il più osannato al tempo stesso. Ma in fin dei conti si tratta effettivamente di un buon live-action oppure no? La risposta è banale: dipende dalle aspettative. Bisogna entrare in sala nella consapevolezza di star per guardare un prodotto palesemente commerciale il cui principale scopo non è stravolgere la società, ma intrattenere il pubblico. A quel punto si potrà finalmente apprezzare una pellicola leggera, frizzante e divertente che, tuttavia, si rivela capace anche di strizzare l’occhio a tematiche sociali importanti.

“Barbie” è un film eccezionale sotto il profilo tecnico. Il risultato è all’altezza del budget investito. Le citazioni cinematografiche sono deliziose e ben confezionate. La più lampante è quella che omaggia “2001: Odissea nello spazio” (1968) di Stanley Kubrick, mostrata in anteprima anche nel trailer. Le interpretazioni di Margot Robbie nel ruolo di Barbie e quella di Ryan Gosling nei panni di Ken sono state molto calzanti. Ottima anche la performance di America Ferrara (Gloria). L’intero cast è puntellato di nomi importanti e spesso, durante la visione, si rivelano esilaranti alcuni camei importanti come quello di John Cena come Ken Tritone.

Con spensieratezza, “Barbie” si presenta come un live-action adeguatamente rosa per portare sul grande schermo la bambola più iconica della Mattel. La sua fotografia dai colori accesi è meravigliosamente folgorante. Ottimo il montaggio. Notevoli le scenografie, la cura per i dettagli e l’attenzione per i costumi. La sceneggiatura è ricca di riferimenti alla storia dell’azienda Mattel e al suo marketing. Le scene e i dialoghi sono costruiti in maniera efficace, con una considerevole dose di ironia. Il ritmo è scorrevole. Soltanto il finale appare un po’ debole rispetto alle intenzioni iniziali, ma nonostante tutto è una défaillance che si perdona.

Questo perché “Barbie” regala innumerevoli riflessioni sui ruoli di genere, sull’esser donna, sul matriarcato, sul femminismo, sul maschilismo e il patriarcato. Può rivelarsi anche un ottimo film da proporre ad esempio a degli studenti delle scuole medie per aprire un dibattito sugli argomenti trattati, senza proporre pellicole più crude o più aggressive. Ciò che dispiace, tuttavia, è osservare come “Barbie” a sua volta inciampi deragliando quasi verso una guerra tra maschi e femmine. Per rivendicare il legittimo diritto della donna a essere se stessa, ingabbia tutti i Ken negli stereotipi più negativi sugli uomini. Senza esclusione di colpi. Fa eccezione soltanto Alan (Micheal Cera), rivendicato tra l’altro dalla comunità LGBT come potenziale non-binary.

Una rappresentazione che da un lato denuncia una problematica concreta e seria della società. Dall’altra non apporta un vero contributo, non suggerendo spunti per migliorare la società. Non che fosse necessariamente responsabilità del live-action, scontato. Ma sarebbe stato mirabile un messaggio di minore divisione e contrapposizione tra uomini e donne. Forse più banale, ma più sano un invito a un maggiore equilibrio tra i due generi: tra tutte le persone indipendentemente dal genere di appartenenza. Ciononostante “Barbie” resta un film da guardare almeno una volta, anche solo per avere un’opinione in merito e per trascorrere piacevolmente due ore.




Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 7 settembre 2023.


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giovedì 19 ottobre 2023

“I CARE. Lettera a una professoressa”, al Teatro Mercadante Ridotto con la compagnia CHILLE DE LA BALANZA


RECENSIONE – Inaspettato, semplice, creativo. Questo weekend (13, 14 e 15 ottobre) il Teatro Mercadante Ridotto di Napoli ha accolto lo spettacolo “I CARE. Lettera a una professoressa”, prodotto dalla Compagnia “CHILLE DE LA BALANZA”. Per la precisione uno spettacolo molto diverso dal solito. Un’esibizione concepita da Claudio Ascoli che compare poi in prima linea sulla scena, affiancato da Sissi Abbondanza e Monica Fabbri. Lo scopo dell’iniziativa era commemorare il centenario della nascita di Don Lorenzo Milani.

La compagnia ha scelto di raccontare Don Milani in maniera anticonvenzionale. Dopo la proiezione di alcune immagini storiche di repertorio in bianco e nero, gli spettatori hanno ascoltato la lettura intensa di alcune pagine di “Lettera a una professoressa”. Non è mancato qualche breve frammento di un’intervista a Pier Paolo Pasolini che commentava il libro di Lorenzo Milani con grande favore.

Poi a un tratto la rappresentazione rompe la quarta parete e degli spettatori vengono coinvolti in prima persona nello spettacolo per ricreare la scuola di Barbiana. Su un tavolo vengono sparsi diversi oggetti e a tutti viene chiesto di sceglierne alcuni insieme. A partire da semplici cose, diventa così possibile narrare aneddoti ed eventi della vita di Don Lorenzo Milani e del suo esperimento pedagogico presso Vicchio del Mugello, un piccolo borgo sperduto tra i monti della diocesi di Firenze.

L’esibizione scardina il modello tradizionale e diventa dialogo con il pubblico. Insieme si ripercorre l’incredibile esperienza educativa che Don Lorenzo Milani propose tra il 1954 e il 1967 contro lo sconcerto di molti. Raccolse dei giovani scolari di montagna, di umile origine e con evidenti svantaggi culturali rispetto ai coetanei di città e ai figli della buona borghesia. Realizzò una scuola in cui i programmi erano condiviso dal maestro e dagli allievi. Un luogo che non respingeva nessuno, con una didattica votata ad aiutare soprattutto gli ultimi. Una scuola che non fosse come “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Il tutto sintetizzato nel perfetto motto inglese “I care”, ossia “Mi importa”.

Un’eredità quella di Don Lorenzo Milani sulla quale è ancora oggi fondamentale e fruttuoso riflettere. Sebbene oggi l’esperienza di Barbiana non sia replicabile, il suo racconto ci consegna comunque una preziosa pedagogia costruita sull’accoglienza. Ci offre un prototipo di scuola più attenta ai bisogni e alle potenzialità di ciascun alunno. Soprattutto un’educazione incentrata su delle relazioni umane autentiche e scevre di discriminazioni.

Musiche originali di Alessio Rinaldi. Creazione video di Francesco Ritondale. Luci di Teresa Palminiello. Suoni di Francesco Lascialfari.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 16 settembre 2023.


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giovedì 12 ottobre 2023

"Jeanne Du Barry – La favorita del re”: con Johnny Depp, il film sull’ultima amante di Luigi XV

RECENSIONE – “Jeanne Du Barry – La favorita del re” di Maïwenn è il film perfetto per chi ama le rappresentazioni storiche e il cinema in costume. Nonostante le inevitabili imprecisioni storiche richieste dal minutaggio e dalle esigenze sceniche, la sceneggiatura è abbastanza fedele alla verità storica. La regia di Maïwenn regala una fotografia dall’estetica deliziosa, con i colori accesi e vivaci. Non disdegna giochi di luce e ombre al lume di candela sulla scia di Kubrick, dando un lievissimo tocco caravaggesco ad alcune inquadrature.

La sceneggiatura è scritta senza sbavature. Riabilita la reputazione della seconda e più famosa cortigiana preferita di Luigi XV: Marie-Jeanne Bécu, contessa Du Barry. Per secoli la sua immagine è stata tramandata come quella dell’astuta arrampicatrice sociale che riuscì a sedurre il sovrano di Francia con avidità e calcolo. “La favorita del re” restituisce, invece, la vicenda di una giovane donna dalle origini infelici, una donna del popolo che riesce a entrare nelle grazie di Luigi XV grazie ai suoi modi sinceri, schietti e anticonvenzionali.

Maïwenn, nei panni della stessa Contessa Du Barry, è seducente, ammiccante. Al tempo stesso è capace con lo sguardo di svelare la profonda solitudine e tristezza di una protagonista solo apparentemente forte. La sua ottima recitazione offre al pubblico una donna sfacciata, ma ricca di fragilità. Soprattutto non pronta a farsi imbrigliare dalle etichette di corte. Per Johnny Depp è stata, invece, l’occasione per tornare sul grande schermo dopo la travagliata vicenda giuridica con l’ex moglie. Un ritorno di tutto rispetto nel ruolo di Luigi XV, sebbene il sovrano di Francia non sia un personaggio abbastanza eclettico per valorizzare le celeberrime doti attoriali di Depp che forse dà realmente soddisfazione soltanto nelle scene della vestizione al mattino.

“La favorita del re” è un film-bomboniera, adorabile sotto diversi punti di vista. Una pellicola che immortala una figura storica audace, nota per la sua scaltrezza. Ne rivela i retroscena: le paure e gli sconforti. Maïwenn fa trasparire quanto non era stato mostrato in altre rappresentazioni del passato. Per esempio né con la cattiva Madame Du Barry di “Lady Oscar” e né con la versione un po’ dark di Asia Argento interpretata in “Maria Antonietta" di Sofia Coppola nel 2005. Il tutto servito con riprese mozzafiato presso l’incantevole Versailles. I meravigliosi saloni e giardini della illustre location, gli abiti, le acconciature, le musiche: ogni dettaglio aiuta lo spettatore a immergersi nello sfarzo della Gabbia d’Oro, quando ancora la Rivoluzione francese non era nemmeno un evento immaginabile.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 13 settembre 2023.


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lunedì 9 ottobre 2023

“Oppenheimer” di Christopher Nolan: è sopravvalutato o è il film dell’anno?


RECENSIONE – Decantato per mesi dalla critica e dal pubblico, “Oppenheimer” di Christopher Nolan è indubbiamente un film eccellente sotto innumerevoli profili. Dal punto di vista tecnico è naturalmente un gioiello: la regia, la fotografia, il montaggio, il reparto costumi… La sceneggiatura è scritta senza sbavature. I dialoghi sono studiati nei minimi particolari. Gli effetti speciali dell’esplosione sono stati realizzati in maniera volutamente analogica, rinunciando al digitale per amore della resa artistica. Il cast con Cillian Murphy, Emily Blunt, Robert Downey Jr. e Matt Damon in testa è senza ombra di dubbio di notevole spessore.

Tuttavia alcune remore non possono fare a meno di sorgere. Nonostante tutte le incontestabili qualità elencate fin qui, “Oppenheimer” è davvero il film dell’anno o addirittura del decennio come in moltissimi lo osannano? Indubbiamente la pubblicità e i media hanno contribuito ad alzare le aspettative del pubblico. Anche di coloro che magari non amano il genere. Senza contare che per alcuni aspetti Nolan sceglie di inserire scene volutamente un po’ pretenziose. Abbracciando un momento storico e una vicenda umana ricca di risvolti, la trama rischia spesso di essere vischiosa.

Il merito più grande di “Oppenheimer” è quello di aver spronato la curiosità di tanti, avvicinando il grande pubblico a un fatto storico che spesso occupa una lettura un po’ marginale nella narrazione del Novecento. Soprattutto non è il solito film filo-americano che prova a tutti i costi a riabilitare un personaggio storico soltanto perché il protagonista della pellicola. Le tre ore di proiezione sono impregnate di annunciata angoscia con un’interpretazione del passato che possiamo giudicare intellettualmente onesta. Regalano riflessioni sul progresso scientifico, sull’etica e sull’industria bellica. Forse “Oppenheimer” è un film non propriamente “iconico”, ma ugualmente incredibile per i suoi molti pregi.


Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 30 settembre 2023.


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sabato 30 settembre 2023

“Questo mondo non mi renderà cattivo”: la serie di Zerocalcare che racconta temi caldi di attualità con un inconfondibile stile pop

RECENSIONE – Per quanto possa apparire scontato, “Questo mondo non mi renderà cattivo” si conferma una lodevole serie in pieno stile Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech). Il prodotto è stato realizzato dal noto fumettista italiano con un talentuoso team di 300 persone. Distribuito su Netflix dallo scorso 9 giugno, è diventato subito uno dei contenuti più visualizzati della piattaforma di streaming on demand. Un grande successo! L’autore aveva anticipato che non si sarebbe trattato di un sequel di “Strappare lungo i bordi” e infatti non lo è.

Racconta tutt’altra storia. Tuttavia i sei episodi più lunghi in cui la serie si snoda sono popolati da personaggi e dettagli già presenti nell’altro prodotto di Zerocalcare. Ritroviamo pertanto Zero, lo spassosissimo Secco, la saggezza di Sarah, Mamma Lady Cocca/Genitore 1 e addirittura il fu bambino Lucertola. Tutti doppiati nel passato da Zerocalcare con il suo caratteristico romano. Non manca naturalmente l’Armadillo, la proiezione della coscienza del protagonista. Doppiato sempre da Valerio Mastrandrea, continua a essere un personaggio dall’umorismo cinico e irriverente, ma di grande carisma: un po’ tutti vorremmo nelle nostre vite un Armadillo fisico che ci parlasse in maniera altrettanto schietta di volta in volta.

Nella narrazione compare inoltre un nuovo personaggio: Cesare, una vera bomba di pepe per una narrazione profonda, ma dal ritmo più lento rispetto a “Strappare lungo i bordi”. Già il titolo “Questo mondo non mi renderà cattivo” suggerisce la vera essenza della stagione. Zerocalcare sceglie di rappresentare un racconto politico a partire da episodi di vita e fatti di cronaca locale. Conserva la sua onestà intellettuale, con coraggio. Non cerca di vendere, non desidera indottrinare. Non cavalca la retorica. Con notevole integrità, si mette spesso in discussione. Esegue un’analisi minuziosa, legge la società che lo circonda cercando sempre di cogliere tutte le sfumature. Mai con la presunzione di chi pretende di aver ragione a tutti i costi. Ne emerge sempre l’idea che Zerocalcare, al di là del geniale artista, sia davvero e soprattutto “un’anima bella” in termini umani.

In questa nuova serie l’autore tocca con tatto nuovi argomenti attraverso uno sguardo quasi antropologico. Dall’evoluzione dei rapporti nel percorso di crescita al tunnel della droga e l’ingresso in comunità. Dal dramma dell’urgenza migratoria al razzismo. Dall’ipocrisia della politica agli scontri violenti con gli estremisti. Il tutto sempre con uno stile esattamente pop, arricchendo la narrazione di elucubrazioni, battute e innumerevoli Easter eggs. Racconta anche il senso di colpa del privilegio e il conflitto interiore di chiunque umanamente sia diviso tra i vantaggi egoistici e i propri ideali. La vera firma di Zerocalcare è in soldoni la disarmante onestà con cui cerca ogni volta di esaminare la società e le persone. Senza innalzarsi su alcun pulpito. Tra una battutaccia e un accenno a Don Matteo o al Trono di Spade, con un’impronta sempre autentica.


Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 27 giugno 2023.


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