"È pericoloso!".
"Dici?" chiese Marta pensierosa.
"Certo! Qualcuno potrebbe sigillare di nuovo la botola dall'esterno mentre percorri il sotterraneo" le spiegò Andrea. Era stato proprio lui a suggerirle la soluzione. Eppure adesso cercava in tutti i modi di farle cambiare idea, di desistere dall'intraprendere una missione che considerava scellerata.
Marta alzò la testa. Puntò lo sguardo oltre le spalle di Andrea. Lontano. Vide la possenza dell'antico Castello dell'Orologio dalle pareti gialle. Sorgeva sulla vetta di una montagna che si scagliava contro un cielo plumbeo, cosparso di nuvoloni grigi. L'arcaico quadrante enorme sul muro di cinta dell'edificio possedeva delle eleganti lancette nere grosse quanto tronchi di albero. In una delle torri di quel Palazzo c'era il prigioniero. Marta sapeva che avrebbe corso dei rischi per salvarlo, ma lei si sentiva pronta per affrontarli. Lo avrebbe liberato.
Andrea le aveva detto che, sollevando una delle botole della Terrazzo Grigliata, fosse possibile introdursi in un cunicolo sotterraneo lungo diversi chilometri. Un passaggio segreto che attraversava il lago e la montagna. Collegava il Palazzo di Terrazza Grigliata all'imponente Castello dell'Orologio. Con buone probabilità, se le leggende non mentivano, conduceva infine proprio alla Torre di Prigionia. Il cunicolo era stato costruito in un passato remoto da alcuni monaci per far scappare all'occorrenza un loro confratello. Nelle epoche precedenti capitava di frequente che la Regina imprigionasse ingiustamente dei religiosi.
Andrea aveva detto a Marta che le leggende erano vere. Quel cunicolo esisteva. Bastava entrare in quella botola. "Però - aveva aggiunto - non sappiamo se il cunicolo nei secoli sia stato chiuso o se, peggio ancora, sia stato puntellato di ostacoli, trappole di morte, animali e atrocità simili".
Marta rifletteva. Sapeva bene che Andrea avesse ragione. Mangiucchiava le unghie delle mani preoccupata. Eppure non aveva alternative. Il prigioniero in quel momento giaceva sul pavimento di una cella. Probabilmente al buio, affamato, senza acqua e dignità.
"Anche solo avvicinarsi alla botola non sarà per niente un gioco da ragazzi! Ci sono le guardie armate che marciano avanti e indietro sulla Terrazza Grigliata" sentenziò Andrea.
"Basterà che tu le distragga!".
"Come?".
"Con qualche dardo infuocato ad esempio" ribatté Marta.
Andrea non rispose subito. Esitò qualche istante prima di protestare ancora: "Ma non è solo questo. Ho già condiviso il mio timore: se sigillassero la botola mentre sei dentro?".
"Questo non accadrà!".
"Marta, ragiona! Come fai a dirlo?".
"Perché ci sarai tu fuori!".
"Io non voglio che tu scenda lì sotto da sola! E io potrei essere catturato" replicò Andrea con tono duro. Un nodo gli strozzò la gola perché sapeva che Marta non era preoccupata da quell'eventualità. A lei non importava se fosse stato lui a finire dietro le sbarre. A lei interessava unicamente del prigioniero. Riusciva a essere in pena esclusivamente per lui. "Non puoi fare affidamento su di me" mormorò. Poi strinse i pugni.
Marta allungò una mano verso l'amico. Con le dita sfiorò le sue nocche serrate.
"Mi fido di te - esitò qualche istante. - Sai che devo andare...".
Andrea si ritrasse. Era arrabbiato e offeso. Si avvolse nella sua coperta di tela marrone e si voltò dall'altra parte senza pronunciare una singola parola. Ormai era giunta la sera. Disteso per terra, finse a lungo di dormire.
Marta ravvivò il fuoco accanto a loro. Gettò fra le fiamme alcuni rami secchi. Restò in ascolto del crepitio per alcuni minuti, in religioso silenzio. Quello seguente sarebbe stato un giorno atteso da mesi.
Afferrò anche lei una coperta di tela e precipitò subito in un sonno agitato. Sognò di percorrere il cunicolo. Nei suoi incubi era tutto avvolto dalle tenebre, sebbene lei procedesse con una torcia in mano. Udiva suoni sinistri, sibili, strida e urla. Ma procedeva perché doveva raggiungere il prigioniero. Doveva liberarlo. Infine un rumore metallico gli rimbombò nella testa. Aveva camminato già per un chilometro dall'ingresso. Ciononostante si voltò indietro e dentro di sé seppe che quel suono fosse la botola che qualcuno aveva richiuso sopra di lei. Altri cring cring metallici e fu certa che la botola era stata sigillata.
Racconto di Valentina Mazzella
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