lunedì 22 marzo 2021

"In arte Nino”: il delicato omaggio a Nino Manfredi andato ieri in onda

RECENSIONE – Un delicato omaggio al grande Nino Manfredi è stato il film “In arte Nino” trasmesso ieri sera in prima visione su Rai1. E soprattutto un eccezionale successo che ha quasi raggiunto i 6 milioni di spettatori, rivelano i sondaggi. Il film, prodotto proprio dalla Rai Fiction, è stato diretto fra l’altro da Luca Manfredi (figlio di Nino Manfredi ed Erminia Ferrari… E scusate se è poco!). Pertanto racconta episodi e fatti in maniera abbastanza veritiera e ricca di dettagli.

Le deliziose musiche leggere di sottofondo, le gradevoli scenografie anni ’40 e l’imponenza delle architetture storiche dell’antica Roma hanno sicuramente conferito un loro tocco speciale alla produzione. Tuttavia la sceneggiatura semplice è stata valorizzata in particolar modo dall’ottima interpretazione di Elio Germano, già noto al grande pubblico per il talento di cui ha dato prova in precedenti pellicole quali “Mio fratello è figlio unico”, “La nostra vita” e “Il giovane favoloso”. La mimica facciale, la gestualità, l’impostazione del modo di parlare e l’atteggiamento nel camminare hanno dimostrato come Germano nei panni di Manfredi sia stato all’altezza del ruolo, rivelando tutte le sue doti recitative.

La trama ha ripreso gli anni fra il 1939 fino al 1959. La storia infatti parte dagli anni del sanatorio in cui Manfredi restò per tre anni perché malato di tubercolosi negli anni della scuola superiore. Segue il racconto dei suoi sacrifici fra gli studi universitari per prendere la laurea in Giurisprudenza, come desiderato dal padre, e la formazione presso l’Accademia Silvio D’Amico per inseguire una passione in cui la sua famiglia non credeva. Poi i primi provini, le prime comparse… l’incontro e il matrimonio con la moglie Erminia Ferrari, interpretata da Miriam Leone. Infine la prima presenza a Canzonissima e la sua consacrazione come Nino Manfredi.


Un ritratto fedele e poetico di un grande artista, commovente e divertente allo stesso tempo. Una riverenza ben riuscita a un mostro sacro della televisione e del cinema italiano, ma anche la ricostruzione della vita del padre di un figlio devoto.


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 26 settembre 2016.

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sabato 20 marzo 2021

"Carosello Carosone”: un omaggio al genio musicale del grande artista e uomo


RECENSIONE – Leggero, spensierato e colorato il film “Carosello Carosone” con la regia di Lucio Pellegrini trasmesso ieri sera su Rai1 in prima serata. Secondo i migliori pronostici, il prodotto ha pienamente soddisfatto le aspettative più ottimiste del pubblico. È un altro piccolo bijou realizzato dalla Rai Fiction in collaborazione con la Groenlandia, capace di trasmettere buonumore agli spettatori. Un omaggio al grande maestro Renato Carosone che è uno dei musicisti della storia italiana più famosi a livello internazionale. Non solo, è stato anche un artista capace di portare la canzone napoletana a spasso per il mondo.

Pregevole l’interpretazione del cast che del resto ha annoverato nomi già sinonimi di garanzia. Attori giovani, ma di talento. Presta il volto al protagonista Eduardo Scarpetta, trisnipote omonimo del commediografo napoletano e volto già noto per aver recitato in tv ne “L’amica geniale” e al cinema in “Capri-Revolution” di Martone. Non da meno sono Vincenzo Nemolato (Paradise, Gomorra – La serie) nei panni di Gegè Di Giacomo, il batterista-fantasista sempre con Carosone, e la splendida Ludovica Martino (Eva di “Skam Italia” e non solo) come Lita Levidi, la moglie del musicista.

La sceneggiatura si è concentrata sugli eventi dall’anno del diploma a Napoli in pianoforte presso il conservatorio di San Pietro a Majella fino al ritiro dalle scene nel picco del successo a 39 anni. Sono stati narrati i viaggi, i sacrifici, piccoli aneddoti, gli incredibili traguardi e i piccoli drammi familiari di Carosone. Il tutto con un ritmo incalzante e un montaggio alle volte frenetico, ma sempre perfettamente in linea con le musiche del maestro che si rivelano squisitamente il cuore pulsante del film. Musiche che per l’occasione sono state curate da Stefano Bollani con notevole diligenza.

La nota più preziosa sicuramente è stata la scelta di porre attenzione non solo sulla figura di Renato Carosone in qualità di personaggio pubblico. Si è posto l’accento anche sull’uomo che è stato lontano dal palco e dai riflettori, sul Renato Carosone persona che nel privato era un figlio, un marito e un padre devoto alla famiglia e agli amici. Tenerissima la sua storia d’amore con Lita che decise di sposare nonostante i pregiudizi del tempo che non giudicavano con riguardo una ragazza-madre. Da lì in poi un matrimonio durato 63 anni durante i quali Carosone ha sempre fatto da padre al figlio di lei, Pino. Una verità fra l’altro emersa solo di recente, in quanto a lungo insabbiata a causa della mentalità retrograda dell’epoca. Una notizia che evidenzia il valore aggiunto di un artista brillante che innanzitutto è stato un’anima generosa oltre che un indiscusso genio della musica. 


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 19 marzo 2021.


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sabato 13 marzo 2021

"Il principe cerca figlio": sequel celebrativo, simpatico e tranquillamente dimenticabile


RECENSIONE – Non inaugurerò il discorso ponendo la domanda retorica: “C’era davvero bisogno di questo sequel?”. Sarebbe una polemica sterile: i sequel si fanno. Punto e basta. Si fanno e, ovvio, campano di rendita grazie al successo dei film che li precedono. Puntano in maniera inconfutabile al pubblico affezionato a un determinato prodotto cinematografico, ne cavalcano l’onda nostalgica e confidano nella fedeltà e nella curiosità degli spettatori. Non è assolutamente un segreto di Stato. E il nuovo film “Il principe cerca figlio” (“Coming 2 America”) di Craig Brewer, disponibile sulla piattaforma Prime Video dal 5 marzo, non è da meno. Si tratta innegabilmente di un’operazione commerciale, interessante da guardare se non altro per la piacevolissima reunion del vecchio cast de “Il principe cerca moglie” di John Lendis del 1988. Nel nuovo racconto il caro Akeem a distanza di trent’anni diventa re e scopre di avere un figlio illegittimo negli USA. Per gestire alcuni conflitti politici, parte ancora per il Queens per recuperare il suo unico erede maschio e portarlo a Zamunda (la nazione africana di fantasia di cui, ricordiamo, è sovrano) dove un matrimonio combinato attende il giovane.


Nulla da contestare all’interpretazione impeccabile degli attori. Sotto questo aspetto il pubblico italiano è rattristato unicamente dal doppiaggio di Eddie Murphy a cui per anni ha prestato la voce e l’iconica risata Tonino Accolla, venuto purtroppo a mancare nel 2013. La faccenda diventa più spigolosa nel momento in cui si desidera commentare la trama e l’umorismo del film in toto. A questo proposito formuliamo innanzitutto la premessa che, se confezionati bene, non è detto che i sequel rappresentino sempre il male in terra a prescindere. Come in questo caso, spesso l’importante sta nell’approcciarsi alla visione del seguito con aspettative molto molto basse. È forse questa la soluzione per attutire il sentimento di delusione che ha pervaso in tanti al termine delle due ore. Il film è una grandissima celebrazione dei fasti della pellicola di Lendis. Tant’è che, con la scusa dell’omaggio cinematografico, ne cita pedissequamente battute, gag e addirittura alcuni spezzoni inseriti nel montaggio sotto forma di flashback ed evocazioni narrative.



La sceneggiatura è fortemente prevedibile, ma non è veramente questo il suo vero problema. Del resto anche “Il principe cerca moglie” non ha mai brillato per originalità e colpi di scena. Ciononostante è diventato ugualmente un cult del cinema perché è una commedia scritta bene, con equivoci e intrecci scanditi dai tempi giusti della comicità. Esattamente quanto non accade ne “Il principe cerca figlio” in cui la storia non si sforza nemmeno di giocare con il dubbio e i grovigli. Inoltre, nonostante si trattasse di una commedia soprattutto comica, nel film di Lendis il corteggiamento di Akeem per conquistare il cuore di Lisa faceva ugualmente sognare. La scena della dichiarazione d’amore nel vagone della metropolitana in corsa era commovente e zuccherosa al punto giusto. Sfido chiunque a non ricordarla. Non c’è invece particolare romanticismo nell’avvicinamento del nuovo principe Lavelle (Jermaine Fowler) alla sua bella amata. E se gli spettatori adorano i vecchi personaggi, a questo giro non ci si affeziona per nulla ai nuovi che non sono caratterizzati in maniera adeguata. In aggiunta nella vicenda sono inserite tantissime scene di ballo e canto immotivate che non hanno nemmeno la carica e l’estro delle danze di presentazione de “Il principe cerca moglie”. Alle volte è sembrato di essere davanti a un musical che non ha creduto abbastanza in se stesso per essere tale.


Il film prova in più occasioni a far ridere attraverso l’inserimento di situazione nonsense (esempio a caso un funerale senza vero defunto). L’umorismo ha davvero un tono basso per tutta la narrazione. Sarebbe stato interessante contare le risate in sala durante una proiezione collettiva al cinema. Precisiamo: non è un prodotto pessimo, ma neanche eccellente. Per dirla in breve il fatto che sia un sequel non giustifica la sua mancanza di personalità. Tuttavia è da considerare almeno un pregio la consapevolezza della produzione che non si prende troppo sul serio ed è la prima, durante un dialogo fra due personaggi nel corso della storia, a ironizzare sull’inutilità di certi sequel. E lo dimostra anche la sfrontatezza con cui fa ricorso a un product placement a dir poco spudorato. Magistrale l’insolenza con cui in alcune scene si promuove ad esempio la Pepsi, per dirne una fra tante.



Sarebbe stato molto stimolante invece approfondire la satira dei temi appena accennati nei dialoghi fra gli anziani nella bottega del barbiere nel Queens. Lanciare più frecciatine alla politica, all’attualità e all’evoluzione del quartiere in trent’anni. Invece si è preferito sorvolare, sprecando delle preziose opportunità. Sicuramente perché anche la sceneggiatura de “Il principe cerca figlio” è stata imbavagliata dall’imperante politicamente corretto del presente. Anche se meno di quel che si è indotti a pensare a primo impatto. Certo, sono calate vertiginosamente le battute a sfondo sessuale e il film accarezza teneramente argomenti importanti come la parità di genere e l’emancipazione femminile. Ciò accadeva anche nel primo film in realtà, ma questa volta ciò avviene in maniera molto più superficiale. Si poteva fare di meglio.


(Segue una piccola anticipazione!)


 


Eppure d’altro canto lo stesso film sminuisce la gravità di un episodio a proposito di cui, a parti inverse – se Akeem fosse stato una donna – avremmo parlato senza se e senza ma di un abuso sessuale. Di uno stupro sotto effetto di droghe. Ma poiché il protagonista è un uomo, l’aneddoto può essere serenamente oggetto di risate. Un grosso scivolone… In conclusione “Il principe cerca figlio” è un film simpatico, gradevole da guardare una sola volta. Meglio se gratis. Fa sorridere, fa compagnia. Ciononostante è tranquillamente dimenticabile.



Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 12 marzo 2021.


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