domenica 16 gennaio 2022

La libellula e il passerotto - racconto breve

 


L'altoparlante aveva appena comunicato che il treno per Napoli avrebbe fatto un'ora di ritardo. L'attesa di ben sessanta minuti in più non era roba da poco. Vinca scelse di non salire già sulla banchina del binario. Era giugno e c'era molta afa. Preferiva restare lì, nella stazione al coperto e al fresco. C'era tempo per obliterare il biglietto e lasciarsi trasportare dalle scale mobili.

Adesso aveva un'ora di tempo da colmare. Pensò di sedersi su una panchina in ferro accanto a un'enorme pianta verde da ufficio. Con un piede spostò la cartaccia di uno snack che qualcuno aveva gettato per terra invece di riporla in un apposito cestino. Vinca tirò un sospiro contrariato, poi aprì la sua borsa e ne tirò fuori un libro.

In realtà non aveva davvero l'attenzione giusta per concentrarsi su una lettura, ma voleva almeno provarci. L'ansia le divorava lo stomaco dall'interno. Doveva andare a Napoli e, giunta lì, consegnare un ovetto di cioccolato e un biglietto a una persona. Temeva che le cose potessero non andare per il verso giusto, secondo le sue aspettative.

Si stava tormentando con questi pensieri, quando un cinguettio attirò la sua attenzione. Un passerotto saltellava inseguendo con accanimento un'altra bestiola volante più piccola. Vinca non riusciva a capire bene di cosa si trattasse. Fece qualche passo in avanti per avvicinarsi. Scoprì una libellula che agitava disperatamente le ali con un rumore quasi metallico. Disperatamente stava combattendo per la sopravvivenza. Il suo corpo longilineo dalle sfumature rosa e fucsia doveva apparire molto succulente agli occhi del passerotto. L'uccello perseguitava la libellula afferrandola con il becco feroce. Poi, infastidito dalla frenesia con cui la libellula sbatteva le ali, la liberava. Sempre con un rumore metallico la creaturina volava a non più di un metro di distanza per accasciarsi stanca per terra. E allora il passerotto tornava all'attacco. Vinca non capiva se per fame o per sfida ludica. Era uno scontro brutale, estenuante. In natura gli animali di solito non uccidono per divertimento, si ripeteva. Vinca era abbastanza sicura che fosse una caccia giustificata dalla fame, ma la sofferenza della libellula era ugualmente insopportabile da guardare. La poverina provò a volare più lontano, ma era intrappolata dalla parete in vetro della stazione. Erano al chiuso. Volava e si accasciava per le ferite procurate dalle beccate del passerotto. Aveva perso il suo volo preciso e veloce. L'uccellino tornava a colpirla con il becco, ad accanirsi... Poi la lasciava andare libera e stanca. La libellula lottava per la vita, scuoteva le ali metallicamente. Ancora, ancora e ancora. Infine, esausta, cessò di agitare le ali e, soddisfatto, il passerotto volò via con la libellula morta nel becco.

Vinca restò scossa davanti allo strazio di quella scena che era durata all'incirca dieci minuti. Poi sentì l'altoparlante annunciare un nuovo orario del treno che attendeva. Scosse la testa. Tornò alla realtà come un subacqueo che riemerge da un'immersione. Si avviò alle scale mobili. Non sapeva se avere o meno timore dei cosiddetti "presagi funesti". Con una mano in tasca strinse un bigliettino su cui a penna aveva scritto: "Vengo in pace con del cioccolato. Se non accetterai le mie scuse, almeno avrò con cosa consolarmi al ritorno". 


Racconto breve di Valentina Mazzella.


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venerdì 14 gennaio 2022

Che cos'è la dignità umana?

 


Cos'è la dignità? Cos'è la dignità umana? È una domanda che mi ossessiona da sempre e mi perplime come in tanti non se la pongano neanche di sfuggita. Quand'è che una persona non ha dignità? Una prostituta - classico esempio tirato in ballo - ha dignità? Un ladro e un disonesto sono senza dignità? E un bugiardo?

Sicuramente a tal proposito adesso sarebbe d'obbligo una breve lezioncina di filosofia che ripercorra l'evoluzione del concetto attraverso le epoche storiche, magari dallo Stoicismo a Immanuel Kant. Ed effettivamente potrebbe essere anche interessante approfondire come venisse concepita la dignità umana nell'Umanesimo, durante l'Illuminismo o dal Cristianesimo attraverso i secoli. Tuttavia non è questa l'occasione che sfrutteremo. Scriveremmo a lungo e il risultato sarebbe un pedante saggio dai contenuti reperibili altrove, magari anche spiegati meglio. In questa sede c'è solo il desiderio di condividere una riflessione pertinente alla quotidianità pragmatica del presente, relativa al "qui e ora". 

Che cos'è la dignità umana? Mi sono sempre risposta che per me la dignità è la coerenza dei propri comportamenti, la coerenza delle azioni e nelle scelte. La dignità è la fedeltà ai propri principi, ai propri ideali, al proprio sistema di valori. La dignità è il rispetto per il prossimo, per chi ci sta di fronte, per un altro essere umano. È il sentimento di umanità che sfida l'indifferenza e il menefreghismo. La dignità è l'onestà intellettuale, perlomeno la consapevolezza e l'ammissione di quando - per un motivo o per un altro - questa fedeltà può venire meno nella vita. In fondo l'essere umano è una creatura traditrice... E quando avviene il tradimento? La persona perde la dignità? Forse... Non tutto è bianco e nero nella vita. Spesso è tossica questa spasmodica esigenza di dover a tutti i costi tracciare linee e confini. Le circostanze contingenti possono essere tante... Penso a Galileo Galilei nell'opera di Brecht e cito: "Meglio avere le mani sporche che non le mani vuote". È veramente così? "È meglio averle sporche e piene piuttosto che averle pulite e vuote"? Dipende. Brecht faceva riferimento al raccolto delle battaglie ideologiche. Ogni cosa va contestualizzata, si capisce. Ma in soldoni "avere dignità" spesso non significa unicamente non sbagliare mai. Non siamo automi e le contraddizioni sono una peculiarità della complessità umana. Tuttavia spesso basta anche solo banalmente il saper riconoscere con umiltà i propri errori. Si ha dignità soprattutto quando si dimostra di esser capaci di dire: "Ho commesso un errore. Lo riconosco". E a quel punto si cessa di essere prigionieri di se stessi e/o di vari costrutti perché la dignità, come la verità, rende liberi.


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 14 gennaio 2022.


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sabato 1 gennaio 2022

"I Fratelli De Filippo" di Sergio Rubini: un omaggio a una storia di famiglia e di arte


RECENSIONE - Eduardo, Titina e Peppino. I fratelli De Filippo. Fratelli di sangue e di arte. Tre nomi, una garanzia. Tasselli di una vera e propria dinastia del palcoscenico, un trio capace di fare la storia del teatro italiano e non solo. Di Eduardo in testa addirittura si può dire che lui sia stato il teatro per eccellenza.

Raccontare il loro vissuto sul grande e piccolo schermo non era affare da poco. Eppure il film "I Fratelli De Filippo" di Sergio Rubini ha omaggiato egregiamente i tre grandi artisti. La pellicola è stata distribuita nelle sale cinema dal 13 al 15 dicembre 2021 riscuotendo un buon successo. Trasmessa in prima serata il 30 dicembre, ha raccolto un vero boom di ascolti. Al momento è ancora disponibile su RaiPlay per chi desidera recuperarla.


Si tratta di un piccolo gioiello per la cura dei dettagli nella ricostruzione delle scenografie, nella scelta dei costumi e del trucco. Notevole le interpretazioni del cast: Giancarlo Giannini è Eduardo Scarpetta, Mario Autore è Eduardo De Filippo, Domenico Pinelli è Peppino, Anna Ferraioli Ravel è Titina, Biagio Izzo (particolarmente apprezzato dal pubblico) è Vincenzo Scarpetta, Susy del Giudice è Luisa De Filippo e Marisa Laurito è Rosa De Filippo. Soprattutto per il trio, non era semplice calarsi nei panni di tre mostri sacri.

La narrazione racconta in primis il percorso di riscatto e rivincita che i tre giovani figli illegittimi del Maestro Eduardo Scarpetta sono riusciti a raggiungere affermandosi nel mondo dello spettacolo con il cognome della madre. Non manca l'uso dei flashback come espediente per ricordare il passato attraverso un montaggio che nei momenti opportuni commuove ed emoziona. La sceneggiatura non tralascia di descrivere il rapporto conflittuale e di competizione fra Eduardo e Peppino che nel 1944 portò alla fine del sodalizio artistico oppure gli screzi di Eduardo con Titina che tuttavia non compromisero mai il loro rapporto lavorativo. Il prodotto finale è dunque il resoconto di una storia familiare e allo stesso tempo di una storia di arte.


Suggestivi e quasi magici le apparizioni nella penombra o le semplici menzioni di altri colossi dell'epoca come Luigi Pirandello e Totò. In ultimo è innegabile che parlare dei De Filippo significhi anche parlare di Napoli sempre e comunque, di quella Napoli che Eduardo descriveva come "un teatro a cielo aperto” da cui "rubare” scene, dialoghi, idee e situazioni. "Napule è ’nu paese curioso è ’nu teatro antico, sempre apierto" recitava l'incipit di una sua poesia. Quella stessa Napoli che nelle sue opere Eduardo è stato capace di rendere universale ed eterna.


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 1 gennaio 2022.

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