lunedì 28 febbraio 2022

"Al lupo! Al lupo!”: la maledizione della politica italiana



Se dovessimo descrivere l’attuale situazione politica italiana con un esempio, probabilmente la scelta più esaustiva sarebbe quella di una celebre favola di Esopo dalla morale sempiterna. Quello che sta accadendo da troppo tempo è infatti banalmente la storia di “Al lupo! Al lupo!”. Conosciamo tutti o quasi il racconto del pastorello burlone che svegliava il villaggio annunciando una minaccia possibile per mero scherzo, fino a quando poi più nessuno gli ha creduto. Neanche la volta in cui il pericolo – un lupo in carne e ossa – sopraggiunse per davvero. L’insegnamento degli antichi è di una semplicità disarmante: nel momento in cui dici una bugia, due bugie, tre bugie… a un certo punto, se anche dicessi la verità, più nessuno ti crederebbe. Ed eccoci qua, nell’anno corrente. Pur volendo ammettere che determinate bugie siano state dette “in buonafede” per il bene collettivo, una volta che le persone comprendono che in realtà ti stai muovendo palesemente “a tentoni” – per prove ed errori a spese altrui – la credibilità la perdi. Senza ‘se‘ e senza ‘ma‘. Facile. Addirittura ovvio, aggiungerei. Funziona così per tutto nella vita. Per usare un’espressione tipicamente napoletana, “Nun ce vo’ l’arc e scienz” la cui traduzione sta per: “Non c’è bisogno dell’arco della scienza”, ossia di particolari strumenti per capire le evidenze. Da sempre la fiducia è una forma di affidamento che si guadagna. Assurdamente anche in ambito religioso si è sfatato da tempo il mito della “fiducia cieca”, abbracciando invece il più temperato: “Senza il dubbio, non è vera fede”. Quindi, in un secolo in cui la fiducia assoluta non è più un dovere nemmeno del credente, potrà essere lecito alle persone chiedere trasparenza e coerenza al Governo e agli organi di competenza? Potrà o no essere ancora considerato questo un diritto dei cittadini di fronte a molteplici contraddizioni? La diffidenza è sempre un atteggiamento prevenuto da etichettare come una colpa o spesso è conseguenza di una fiducia tradita e violentata?


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 26 febbraio 2022.

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mercoledì 2 febbraio 2022

"La sposa": la fiction che racconta il matrimonio per procura e il ruolo della donna tra gli anni Sessanta e Settanta


RECENSIONE - È davvero il caso di dirlo: l'ultimo successo di Mamma Rai si è rivelato essere 'breve, ma intenso'. Parliamo ovviamente de "La Sposa", la fiction di Giacomo Campiotti trasmessa in prima serata su RaiUno nelle ultime domeniche dal 16 al 30 gennaio 2022. Composta da soli tre episodi, la serie è riuscita sin dalla primissima puntata a conquistare con devozione un vasto pubblico. In realtà non sono mancate le polemiche, soprattutto la prima settimana, ma procediamo per ordine.

"La sposa" racconta la storia di Maria - interpretata dalle bravissima Serena Rossi -, una donna calabrese che accetta un matrimonio per procura con un uomo veneto per tirare la sua famiglia fuori dall'indigenza economica. Presso Vicenza la protagonista faticherá tantissimo per farsi accettare dallo stesso marito, Italo, e dalla gente del posto. Come in ogni favola che si rispetti, Maria riuscirà a conquistare il cuore di tutti con la sua generosità e la perseveranza. Curerà le ferite emotive del coniuge che si innamorerà di lei e riuscirà a farsi accettare dagli abitanti del paese nonostante i pregiudizi verso i meridionali. In particolare riuscirà a farsi rispettare dagli uomini in quanto donna. Naturalmente nella narrazione non mancano i colpi di scena, gli intrighi d'amore, i ritorni di fiamma, la competizione, i momenti di romantica tenerezza e commozione e - immancabilmente - i drammi e le avversità da superare con tenacia.



Le polemiche a cui abbiamo fatto accenno hanno puntato il dito soprattutto verso la provenienza geografica dei personaggi. La fiction sembra non aver ricevuto la benedizione né dalla Calabria e né dal Veneto. I calabresi hanno innanzitutto disapprovato l'adozione, per Maria e la sua famiglia, di un dialetto - nella realtà linguistica - molto distante dal vero calabrese. In secondo luogo le istituzioni regionali hanno precisato che negli anni Sessanta - l'epoca in cui è ambientata la trama - il matrimonio per procura non fosse affatto diffuso per contrarre l'unione tra le donne del Sud e gli uomini del Nord. Tutt'al più la pratica era comune con i ricchi compaesani emigrati in America o in Australia. Dulcis in fundo, sempre per quegli anni, pare che la condizione economica veneta fosse più depressa di quella calabrese e che per la maggior parte i meridionali migrassero perciò verso il Piemonte. Dal canto suo anche il Veneto si è un tantino risentito per la dimensione illustrata nella fiction commentando che i benestanti agricoltori veneti di allora non avessero affatto bisogno di maritarsi per procura con le donne meridionali perché la fila di signorine venete desiderose di ammogliarsi era già lunga sul territorio.


In conclusione in molti hanno gridato al falso storico. Ed effettivamente nella serie ci sono alcune incongruenze da questo punto di vista. Per l'arretratezza mostrata forse sarebbe stato più opportuno ambientare gli avvenimenti almeno negli anni Cinquanta piuttosto che a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta come è stato scelto. Tuttavia la produzione si è difesa dalle accuse replicando di aver ricevuto tantissime lettere ed e-mail degli spettatori da tutta Italia in cui in molti hanno raccontato di madri e nonne sposate tramite nozze per procura, proprio come Maria nella fiction. Ricapitolando: la trama non è tratta da una storia vera, ma si vende in maniera abbastanza credibile e verosimile. Non è da poco inoltre sottolineare che la scelta del periodo storico sia stata dettata soprattutto dal desiderio preciso di dar voce ad alcune battaglie di quegli anni: le proteste dei lavoratori per i propri diritti, le lotte dei sindacati, l'emancipazione femminile, il tema dell'aborto, la parità di genere, la nascita delle cooperative, l'importanza dell'istruzione nell'infanzia, la corsa al progresso più lenta nelle campagne...

Il cast è stato eccezionale: abbiamo già menzionato la meravigliosa Serena Rossi (Maria Saggese). Notevoli sono stati anche Giorgio Marchesi (Italo Bassi), Maurizio Donadoni (Vittorio Bassi), Mario Sgueglia (Antonio Lo Bianco), Matteo Valentini (Giuseppe Saggese), Antonio Nicolai (Paolino Bassi). Incredibilmente curata l'estetica delle immagini e le scelte delle location: le atmosfere e i colori accompagnano il pubblico amplificando le emozioni dei personaggi. Quando per la sciagurata Maria ogni vento sembra avverso, tutto nell'inquadratura appare ostile e inghiottito dalla nebbia. Non appena la sua condizione migliora, le ombre si dipanano e anche le ambientazioni si mostrano più luminose e allegre. Per descrivere la bellezza del mare e dei panorami meridionali non ci sono parole. Il blu intenso delle acque e la fierezza delle scogliere a picco accecano gli occhi.


Ci sarà dunque una seconda stagione? Ancora non lo sappiamo ancora. Senza scrivere troppe anticipazioni (la miniserie è recuperabile in streaming sulla piattaforma di RaiPlay), l'ultimo episodio forse è stato troppo precipitoso nel susseguirsi dei fatti. Qualche tragedia in meno non avrebbe guastato, dramma dopo dramma. Apparentemente ogni storyline sembra aver concluso il proprio ciclo. Potremmo quindi serenamente considerare la serie autoconclusiva. Del resto "La sposa" ha già regalato tanto. Si è rivelato un ottimo prodotto di intrattenimento, capace di raccontare l'umanità e il sudore dei braccianti delle campagne, la fame di affetto e calore che la famiglia sa saziare e - sopra ogni cosa - i traguardi che il coraggio permette di raggiungere quando ci si impunta e non ci si arrende.


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 31 gennaio 2022.


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