Avevamo sognato un unico mondo che fosse grande, bello e soprattutto unito. Dal
secondo dopoguerra in poi, il grande mito del XX secolo era stato un Occidente
senza confini, senza nazionalismi esasperati, senza guerre. Un Occidente di pace
in cui sentirsi un po’ cittadini del mondo. All’alba del nuovo secolo invece
l’Europa conserva una nefasta “tradizione”, quella di ridursi a una polveriera o
quasi all’incirca ogni cento anni. Ciò accade per inseguire spregevoli egoismi
di pochi, di quei pochi che purtroppo hanno il potere di decidere per tanti, per
le masse. È quello che accade oggi, mandando in frantumi le ambizioni, i
sacrifici e i traguardi di intere generazioni.
Era il 15 aprile 1834 e a Berna
fu costituita per la prima la Giovine Europa, un’associazione politica
internazionale che promuoveva l’indipendenza e l’emancipazione dei popoli dalla
sudditanza ai regimi assoluti. Si articolò fino al 1836 e il suo principale
ideatore fu il nostro Giuseppe Mazzini. Lo stesso Mazzini che nell’inverno del
1831 aveva fondato, a Marsiglia, la Giovine Italia con lo scopo di dare vita a
un’Italia repubblicana attraverso una rivoluzione democratica. Intanto la
Giovine Europa rappresentò uno dei primissimi passi per creare un’organizzazione
democratica di natura sopranazionale. Nasceva come un vero e proprio patto di
fratellanza a cui inizialmente parteciparono i rappresentanti di alcune
associazioni nazionali: la Giovine Italia, la Giovine Polonia e la Giovine
Germania.
Il sogno di Mazzini era quello di costituire “un’Associazione di tutte
le patrie” che garantisse l’alleanza delle Nazioni da contrapporre,
concettualmente, all’alleanza dei Re. Sosteneva che fino ad allora si fosse
tenuto conto “soltanto agli interessi egoistici degli uomini, al naturale
desiderio di felicità; si era lottato contro il male, ma senza ricercare il
bene”. Nelle sue intenzioni la Giovine Europa avrebbe alimentato nei popoli una
nuova fede, una fede sociale. Avrebbe garantito un lavoro europeo con lo sguardo
rivolto all’umanità piuttosto che al singolo individuo. Tuttavia, per creare
un’Europa che funzionasse come un ordinamento federativo, c’era prima bisogno
che tutti i popoli sviluppassero la consapevolezza della propria identità e
diventassero pertanto delle vere nazioni. Esattamente come avveniva nella nostra
penisola con la Giovine Italia.
Da allora ne è passata di acqua sotto ai ponti,
come si suol dire. La storia ha fatto il suo corso: rivolte, battaglie,
rivoluzioni, proteste, guerre, trattati, alleanze, congressi, assemblee… e
finalmente dalla seconda metà del Novecento in poi avevamo realizzato almeno un
Primo Mondo di pace e benessere. Eppure lo stesso Occidente che si atteggiava a
esportatore di democrazia nel resto del pianeta oggi, nelle viscere, rinnega i
suoi valori. Negli ultimi anni sempre più di frequente le frange separatiste
raccolgono il consenso di copiosi bacini di elettori. Come dimenticare lo
storico referendum britannico del 23 giugno del 2016 che ha decretato l’avvio
della Brexit, ossia l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea? L’attuale
guerra in Ucraina con la Russia è stato un altro segno tangibile dei tempi che
corrono.
Negli ultimi giorni addirittura in Italia i sondaggi stimano un aumento
della percentuale di gradimento per Italexit, il partito dell’ex-senatore
pentastellato Gianluigi Paragone che promuove l’abbandono dell’Euro e
dell’Unione Europea. Sono dati che fanno riflettere, espressione sicuramente di
fenomeni politici, storici, sociali e culturali da approfondire. È risaputo che
in ogni epoca i veri motivi dei conflitti – politici, economici o simili che
siano – vengano travestiti da questioni ideologiche. In ogni guerra ci sono
sempre burattinai e burattini, pifferai magici e topini che, ammaliati, seguono
la musica del piffero. A pagarne le
spese è la gente comune. Il malcontento genera sfiducia e la sfiducia genera
populismo, terreno fertile per la demagogia. Si cavalca l’onda, ma spesso l’onda
può trasformarsi in maremoto e contare gli annegati fa male al cuore e offende
la dignità umana.
Di Valentina Mazzella, pubblicato sul
Napolisera.it in data 28 maggio 2022.
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