giovedì 27 ottobre 2022

“Ticket to Paradise”, Julia Roberts e George Clooney in una nuova commedia romantica per i nostalgici


RECENSIONE – In quattro aggettivi “Ticket to Paradise” di Ol Parker è una commedia leggera, romantica, divertente e rassicurante. Nel suo genere perfettamente confezionata. La trama non brilla per originalità, certo, ma assolve il suo compito di piacevole intrattenimento. La storia è quella classica di una coppia di divorziati che riscopre l’amore dopo tanti anni di estenuanti litigi. 

È semplice, eppure funziona. In alcuni punti la sceneggiatura è addirittura debole e annovera delle lacune, ad esempio la motivazione a monte per cui i protagonisti sono divorziati. Ciononostante il risultato funziona. Gli spettatori immaginano serenamente come gli eventi della diegesi si svilupperanno. I colpi di scena sono tutti molto prevedibili. Eppure – di nuovo – il prodotto finale funziona. È congeniale al suo compito.

“Ticket to Paradise” è una rilassante commedia romantica che permette al pubblico di evadere dalla monotonia della realtà. I suoi cliché diventano rassicuranti punti di riferimento. Il ritmo della narrazione resta incalzante per tutto il lungometraggio. L’incantevole ambientazione esotica di Bali fa da cornice a tutto ciò rappresentando la famosa ciliegina sulla torta. La fotografia è fantastica con i suoi colori accesi, i toni caldi e le vedute panoramiche mozzafiato. Il film del resto si presta a seguire un po’ il filone di altre commedie come “Mamma mia! Ci risiamo” scritte sempre da Ol Parker. Insomma, si celebra l’amore con una buona dose di umorismo e autoironia, senza drammi e lacrimucce inutili.

In ultimo va riconosciuto che il peso dell’intera commedia è sorretto dal prestigio del cast. Nello specifico parliamo della meravigliosa Julia Roberts (Giorgia) in coppia con l’affascinante George Clooney (David). Nella realtà gli attori sono amici e, grazie al feeling che condividono sul set, questa è la loro quarta collaborazione cinematografica. I due divi sono senza dubbio il vero cavallo di battaglia della pellicola. Più in ombra purtroppo le ottime interpretazioni di Kaitlyn Denver (Lily), Maxime Bouttier (Gede) e Lucas Bravo (Paul). Semplicemente perché il film – è innegabile – fa leva sull’effetto nostalgia per chiunque sia cresciuto o abbia sognato con “Pretty Woman” e le indimenticabili atmosfere delle love-story degli anni Novanta. La storia gioca egregiamente le sue carte e l’esito si lascia apprezzare con un sorriso e il cuore più leggero.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 21 ottobre 2022.


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giovedì 20 ottobre 2022

"Wanna”, la docu-serie su Wanna Marchi e Stefania Nobile: il ritratto di due maghe delle vendite senza scrupoli ed empatia

RECENSIONE – Due nomi: Wanna Marchi e Stefania Nobile. Da soli bastano a evocare rabbia e disprezzo di milioni di italiani. La docu-serie che racconta la loro storia al momento è ancora nella Top10 dei prodotti più seguiti su Netflix. “Wanna” è stata ideata da Alessandro Garramone e diretta da Nicola Prosatore. In quattro episodi ricostruisce dalle origini il percorso delle due televenditrici più note della televisione italiana che per anni hanno truffato migliaia di spettatori. La cosa più assurda? Nonostante i processi e la galera, le due donne non manifestano alcun segnale di pentimento.

È soprattutto questa la ragione per cui la decisione di produrre la serie ha attirato una pioggia di critiche e polemiche. In tantissimi sono dell’opinione che non sia assolutamente giusto dare ulteriore risonanza mediatica a due personaggi senza scrupoli. Sostengono che madre e figlia dovrebbero essere abbandonate nell’oblio. In linea di massima si tratta di un pensiero condivisibile. Eppure va riconosciuto che lo stesso principio non viene applicato quando vengono realizzate serie di successo su criminali e killer di vario genere. “Wanna” non si propone come monumento celebrativo a Wanna Marchi e a Stefania Nobile.



La docu-serie propriamente documenta innanzitutto uno spaccato della società italiana dagli Ottanta fino ai primi anni Duemila. Lo fa con dei toni avvincenti da inchiesta. Arricchisce la narrazione con il racconto in prima persona delle due televenditrici che ripercorrono i fatti secondo il loro punto di vista. Tuttavia gli episodi propongono anche le testimonianze di altri personaggi reali coinvolti nelle vicenda: ex-collaboratori, una centralinista pentita, parenti e vittime truffate. La prospettiva viene così capovolta. Non mancano gli interventi di giornalisti e opinionisti. Addirittura anche un’intervista a Mago Do Nascimento che negli ultimi anni lavorò con loro nella vendita dei numeri al lotto e di altri amuleti magici. Wanna Marchi e Stefania Nobile non vengono proposte come un modello da emulare, ci mancherebbe.

“Wanna” indaga sulla storia umana e personale delle due donne. Ad esempio sul vissuto di Wanna Marchi prima che scoprisse la passione per i riflettori, quando era solo la figlia di una coppia di contadini romagnoli che aveva sposato un uomo violento. Le puntate regalano però soprattutto la cronaca della denuncia dei reati in seguito alle primissime inchieste aperte da “Striscia La Notizia” a cura Jimmy Ghione. La serie cerca di dare voce e dignità a tutte le vittime degli inganni, delle truffe, delle minacce e delle manipolazioni perpetuate dalle due donne. Ciononostante madre e figlia non rivelano la benché minima forma di empatia verso coloro a cui di fatto hanno rovinato la vita, non solo economicamente. 

Wanna Marchi e Stefania Nobile approfittavano dell’ingenuità e della buona fede del prossimo per trarre vantaggi. Erano disposte a vendere concretamente anche il nulla – come la fortuna – pur di guadagnare. Ancora oggi le due televenditrici – come dicevamo – non si ritengono colpevoli. Continuano a insultare le vittime negando qualsiasi forma di rispetto per le fragilità altrui. Ne fuoriesce il ritratto di due personalità spregevoli, incredibilmente avide e prive di coscienza. Anche se effettivamente nelle vendite e negli affari erano portentose. Un esempio di intelligenza e astuzia al servizio del male. La loro capacità persuasiva sul pubblico a casa era di grandissimo impatto.

Quest’ultimo è un aspetto non da poco che solleva oggi innumerevoli riflessioni sulla capacità trascinante anche di certe sedicenti influencer attuali che sui social cercare di rifilare ai followes “bibitoni” e prodotti miracolosi millantando proprietà eccelse. Il mercato ha naturalmente cambiato i mezzi e i metodi di comunicazione, ma alcuni pericoli restano sempre in agguato. Ripescare le vicende di Wanna Marchi e figlia, dunque, non serve unicamente a indignare gli italiani e a intrattenere i curiosi. Può servire anche da monito affinché in futuro sia più facile smascherare truffe virtuali e reati dello stesso calibro.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 14 ottobre 2022.


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sabato 15 ottobre 2022

SKAM Italia 5, la storia di Elia: dall’accettazione dei corpi alla lotta contro la mascolinità tossica


RECENSIONE – La quinta stagione di SKAM Italia soddisfa serenamente le aspettative. Trasmessa sulla nota piattaforma di Netflix dal 1° settembre 2022, l’annuncio della trama ad agosto aveva inizialmente sollevato molte polemiche e perplessità. Gli episodi affrontano il disagio fisico e mentale del protagonista affetto da ipoplasia peniena. Ciò significa dire che ha un micropene dalle dimensioni ridotte al di sotto degli standard comuni. Prima del lancio ufficiale on demand, molti temevano che la serie-tv, dopo quattro anni di qualità, potesse sprofondare nella banalità o in degli strafalcioni. In realtà nessuno dubitava del potenziale del personaggio di Elia. Storcevano il naso solo per la tematica affrontata. Sui social alcuni spettatori avevano addirittura commentato che l’argomento scelto “non fosse abbastanza importante”. 

Al che, a settembre, l’attore Pietro Turano (che nella serie interpreta Filippo) aveva risposto con veemenza ai toni di certi sgradevoli tweet in una storia su Instagram. Esordiva scrivendo: “Fate tanto i paladini e le paladine battagliere contro gli stereotipi, i ruoli di genere, la cultura machista e ciseteropatriarcale e poi quando scoprite che la serie tratterà di un ragazzo a disagio con il proprio corpo per via delle dimensioni del proprio pene rispetto alle aspettative sociali, sapete solo fare bullismo?. Dopo ulteriori spiegazioni, aggiungeva in conclusione: “Mi ha ferito leggere i tweet violenti di oggi. C’è un vero tabù su questo e pensate a chi si sente direttamente colpito dalle vostre parole. Però mi conferma che abbiamo fatto qualcosa di necessario. Forse più che mai”. Pensiero che non possiamo fare a meno di condividere.

Oggi, a distanza di un mese e mezzo dall’inizio della distribuzione, possiamo affermare che la serie sia un vero successo. L’interpretazione di Francesco Centorame nei panni di Elia Santini è stata eccellente. SKAM Italia dimostra ancora una volta di non essere unicamente il tradizionale teen-drama a cui molte generazioni sono state abituate dagli anni Novanta in poi. A differenza dei prodotti americani, SKAM (che ricordiamo essere il remake di una serie norvegese) si propone anche come una sorta di fiction di formazione. E il pubblico – fortunatamente – apprezza tantissimo questo aspetto. La produzione sceglie sempre una battaglia da combattere, un tema a cui dare risonanza per sensibilizzare gli spettatori. Le sceneggiature sono sempre molto delicate e curate nei dettagli. I dialoghi esilaranti nei momenti giusti: chi non vorrebbe in fondo un amico come Filippo che metta il buonumore? 

La fotografia e il montaggio delle sequenze è notevole quanto nelle stagioni precedenti. Questa volta la regia è stata consegnata nelle mani di Tiziano Rossi. Molti piacevoli anche i richiami e i riferimenti agli eventi degli anni precedenti, dalla scena nella piscina all’inquadratura del cancello della scuola. Un po’ come avevamo pensato ad agosto, ancora oggi l’ipotesi è che gli autori abbiano voluto Elia ripetente per garantire a SKAM Italia un passaggio dal liceo all’università più morbido e graduale, per prendere tempo. Far crescere troppo in fretta i personaggi, in fondo, significherà inevitabilmente anche cambiare target del pubblico.

La trama non è ovviamente incentrata soltanto sul micropene di Elia. Grazie alla sua storia, coglie l’occasione per rimarcare il valore dell’educazione sessuale nelle scuole. SKAM approfondisce l’intimità dei suoi protagonisti mai per morboso interesse per l'eros o il nudo. Lo fa sempre in maniera delicata per uno scopo. In questo caso per sondare le ansie e le paure di Elia. La serie parla di disagio fisico e mentale, dell’accettazione del proprio corpo e dei corpi in generale, di una sessualità che non è meccanica. Si dà spesso per scontato che quello della percezione della propria immagine nello specchio sia una problematica tutta femminile. Come se gli uomini non avessero sentimenti o vanità. Invece finalmente sullo schermo vediamo un personaggio maschile piangere per le proprie insicurezze e fragilità. Un ragazzo che si sente minato nella sua virilità a causa di standard imposti spesso dalla cultura della mascolinità tossica. SKAM sdogana lo stigma sociale del pene piccolo tra gli uomini perché di frequente c’è poco rispetto anche nei confronti del corpo maschile. Elia è costretto a intraprendere un percorso di accettazione del proprio corpo per poter vivere meglio e relazionarsi serenamente e in maniera sana con il prossimo. Puntata dopo puntata, è costretto a maturare per imparare a fregarsene del giudizio altrui.

La serie trova spunti per parlare ovviamente anche di bullismo e immancabilmente di cyberbullismo. Cerca di rammentare al pubblico come chiunque potrebbe star vivendo dentro di sé delle guerre invisibili all’occhio esterno, che bisogna avere sempre un atteggiamento empatico, di riguardo e di rispetto per chi ci sta accanto. Di grande spessore resta l’amicizia che lega le Matte e i Contrabbandieri. Un’amicizia sincera, fedele, autentica. Eppure nelle avversità non sempre basta. La serie allora ricorda l’importanza di un supporto psicologico e trova spazio nella narrazione anche il problema delle molestie e della denuncia di esse. Spiace forse che non ci sia stato un confronto diretto tra Elia e il padre sul problema medico del micropene. Probabilmente l’unico neo. La storia d’amore tra Elia e Viola (Lea Gavino, incredibile rivelazione della stagione), invece, è toccante. Il loro è un sentimento timido a causa delle remore soprattutto di Elia. Eppure i loro incontri insegnano che la coppia amorosa si fonda soprattutto e in primis sulla scoperta emotiva e affettiva dell’altra persona.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 12 ottobre 2022.


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