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Quadro di Joseph Lorusso. |
Ero diventato come una di quelle mosche pazze che rimbalzano da un angolo all'altro della stanza con un volo impreciso. Non potevo sopportare il peso di non sapere dove Jane fosse finita. Misi a soqquadro tutta Chicago per riuscire a ritrovarla. Mi servirono quattro giorni. Telefonai a diversi alberghi e chiesi in giro tra le sue compagne del collage. Percorsi in auto tutte le strade principali della città e ridussi in fiamme la linea del centralino locale. Furono ore di ansia, preoccupazione e paura. Sui marciapiedi ogni donna mingherlina che camminava dandomi le spalle poteva essere lei. Poi finalmente scoprii il nascondiglio di quella matta. Riuscii a estorcere l'informazione a Sarah, una sua amica di infanzia.
"Non dovrei dirtelo. Mi sembra di tradirla, anche se è per il suo bene. Puoi trovarla qui".
Quando ascoltai l'indirizzo attraverso la cornetta, non riuscii a trattenermi: "Ma è una bettola! Conosco quel postaccio!".
"Joseph, dove pretendevi che andasse senza un soldo?". Sarah aveva ragione, ma ero lo stesso sconvolto. Non mi rassicurava per nulla sapere che Jane, con un bambino in grembo, soggiornasse in un posto di così dubbia fama in città. Non persi tempo e mi precipitai sul posto.
Quando misi piede nel bar della pensione, di certo non mi aspettavo di vederla subito lì seduta al bancone. La mia povera Jane, con i capelli castani che le cascavano sulle spalle. Indossava un vestito di velluto verde dalle maniche a sbuffo. Si vedeva lontano da un miglio che era troppo elegante per stare lì. Mi avvicinai di soppiatto. Lei si voltò lo stesso di scatto. Sembrava davvero uno di quegli animali stanati dai bracconieri. Quando mi vide, non sussultò nemmeno. Mi fissò solo con uno sguardo carico di tristezza. Tra le mani stringeva un bicchiere di whisky.
"Jane..." farfugliai.
"Joseph... Sapevo che saresti venuto. Sarah non è riuscita a trattenersi e mi ha avvisata".
"Ma che fai? Bevi? Non dovresti...".
"La mamma ti ha detto proprio tutto, eh?".
"Sì, mi ha scritto. Quando ho saputo, sono corso subito qui da New York".
"Non dovevi farlo..." mormorò Jane con gli occhi spenti posati sul bicchiere. Stava trattenendo le lacrime.
"Avrei dovuto lasciare mia sorella per strada?".
"Sono una poco di buono, no? Anzi, papà ha usato parole più forti quando mi ha buttata fuori di casa...".
Non avevo voglia di litigare. La conoscevo bene. Adesso stava provando a fingersi forte, ma dentro di sé era come una bambina molto impaurita con tanta voglia di piangere. Ne ero certo. Con un gesto deciso le tolsi il bicchiere di whisky dalle mani e l'abbracciai. Jane non oppose resistenza. Appoggiò il capo contro il mio petto; chiuse gli occhi. Era esausta. Posai un braccio attorno alle sue spalle. "Verrai a vivere da me a New York. Questo bimbo non avrà un padre, ma avrà uno zio. Penserò io a te, non ti preoccupare" la rassicurai, mentre con lo sguardo osservavo nuovi avventori entrare nel locale.
Racconto breve di Valentina Mazzella.
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