martedì 23 febbraio 2021

Il bicchiere vuoto - racconto breve



"Ma guarda! Non ci posso credere!" ripeteva Anna davanti al televisore in cucina. Sedeva al tavolo in pigiama, con le gambe incrociate sulla sedia. Aveva preparato una grossa tazza di latte caldo che adesso gustava in tutta calma con dei cereali. Nel frattempo guardava l'edizione notturna dell'ennesimo telegiornale che mostrava le immagini degli assembramenti per le compere natalizie. 
"Siamo in pandemia! Cosa non capiscono?" cantilenava ancora agitando una mano contro il televisore. 
Alle sue spalle Serena stava in piedi appoggiata al lavello. Sorseggiava una tisana e seguiva anche lei apaticamente le ultime notizie. Non si indignava con lo stesso pathos dell'amica. 
La cucina era avvolta nella penombra. A far luce solo lo schermo del televisore e la lampadina della cappa sopra i fornelli. 
"A casa! A casa dovete restare" insisté di nuovo Anna, come se la folla di quelle riprese potesse ascoltare la sua voce. 
Serena scostò lo sguardo a sinistra e si sorprese a fissare il panorama di palazzi illuminati moderatamente a festa oltre il vetro della portafinestra del loro balcone. 
"Anna, mi stavo chiedendo..." disse all'improvviso. Poi esitò. 
L'amica si voltò di poco verso di lei: "Dimmi".
"Secondo te... Cosa bisogna fare se non si riesce a entrare in casa?".
Anna la guardò un po' stranita. Afferrò il telecomando e abbassò il volume del televisore. "In che senso?" le chiese. "Da dove ti viene questa domanda?".
"Niente" disse evasiva Serena. "Hai detto la parola casa e ci ho semplicemente pensato..." cercò di giustificarsi ancora.
Anna socchiuse gli occhi come due fessure e assottigliò le labbra. Sembrava sospettosa e allo stesso tempo pensierosa. "Beh... Chiamo i pompieri" rispose infine. 
"No, senza chiamare i pompieri... Ad esempio ho un mazzo di chiavi e le provo tutte, ma la serratura non vuole proprio saperne. La porta d'ingresso non si apre" spiegò Serena stringendo il bicchiere della sua tisana calda a due mani. 
La sua coinquilina scoppiò a ridere. Come faceva sempre, arricciando il naso con una scintilla buffa negli occhi: "Sei sicura allora di non essere ubriaca? Non è che stai cercando di entrare in casa di qualcun altro? Magari è per questo che le chiavi non funzionano!".
"Ma no..." sbottò Serena, piuttosto infastidita dell'umorismo dell'amica. Si sentì incompresa e abbassò lo sguardo. 
"Non essere permalosa. Scherzavo..." disse Anna tornando sull'attenti. Smise di ridere. Non aveva pensato di poter essere inopportuna solo per una banale battuta. 
Serena rimase in silenzio. 
"Comunque in tal caso farei come i pompieri. Se non posso chiamarli, farei almeno quello che farebbero loro. Proverei a entrare dal balcone. Si può entrare dal balcone... Non posso mica buttare giù la porta. Entrerei dal balcone o da una finestra... È possibile? È una casa al pian terreno?" provò a ragionare e ad argomentare Anna in preda a un forte desidero di ingraziarsi di nuovo l'amica. Davvero non sopportava vederla di cattivo umore. 
Serena strinse le labbra e iniziò ad annuire da sola, come a se stessa. "Dal balcone o da una finestra..." prese a borbottare. 
"Sere, ma di che cosa parli in realtà? È per caso un altro dei tuoi sogni? A me puoi dirlo" la incoraggiò Anna. 
Serena non rispose. Si era completamente estraniata. Complice la luce soffusa, l'amica iniziava ad avere un po' paura. Non le piaceva vedere una persona così assorta in se stessa. 
"Nei sogni funziona diversamente... Io una volta ho sognato che percorrevo un vialetto. Camminavo, camminavo, camminavo... E poi? Raggiungevo una piccola rampa di scale: stretta stretta. A sinistra una parete ricoperta di muschio e a destra una vecchia ringhiera in ferro. Salivo i gradini e alla fine mi ritrovavo davanti a un cancelletto. Non avevo la chiave, sai. Eppure indovina cosa c'era oltre quel cancelletto?" chiese Anna. 
"Cosa?" domandò Serena. L'amica era contenta di aver destato nuovamente la sua attenzione. 
"Beh, il nulla. Un dirupo. Non era veramente necessario che io aprissi quel cancelletto. Avevo fatto tanta strada a vuoto..." concluse Anna con tono molto delicato. 
"Ma il mio esempio non era un sogno..." mormorò Serena. Poi sollevò il bicchiere con la tisana e aggiunse: "Stasera mi sento un po' strana. Forse sarà l'atmosfera natalizia... Hai mai l'impressione di essere intrappolata sul fondo di un bicchiere vuoto?".
"Un bicchiere vuoto?" ripeté Anna sgranando un attimo gli occhi. Le sembrava un'immagine molto triste. 
"Sì... Sei lì che provi a risalire, ma le pareti sono lisce e ogni volta ricadi sul fondo". Forse Serena non se ne rendeva conto, ma dicendo queste cose la voce aveva iniziato a tremarle. Gli occhi le erano diventati lucidi. Anna non si sarebbe stupita se avesse cominciato a piangere. 
"Ma Sere... Se allora non si può uscire in questo modo dal bicchiere, bisogna rovesciarlo".
"In che senso rovesciarlo?".
"Se non è possibile risalire le pareti in verticale, ci sarà un modo per far cadere il bicchiere di lato. Probabilmente girerà un po' su se stesso, ma poi si fermerà. A quel punto le pareti saranno in orizzontale e sarà possibile uscire!" chiarì Anna con particolare convinzione e il suo solito ottimismo.
Serena rimase colpita. Riprese ad annuire con il mento e spostò di nuovo lo sguardo sul vetro della portafinestra del balcone. Fuori la città era illuminata a festa per il Natale. 



Racconto di Valentina Mazzella


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