giovedì 30 aprile 2020

"Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar”: ancora in mare con Jack Sparrow



RECENSIONE - Guardi il nuovo film della saga e ti assale la voglia di partire in mare alla ricerca di avventura. Si può dire a voce alta: "Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar" non tradisce l'attesa e conserva il livello di epicità a cui il pubblico è stato abituato. Anche se la grande critica non è della stessa opinione. Diretto da Joachim Rønning e Espen Sandberg, il film regala l'intramontabile humor del Capitan Jack Sparrow, una trama che incuriosisce e dei momenti commoventi.
Grandiose come al solito le scenografie, accuratissimo il lavoro di grafica computerizzata e calzanti le musiche. Nonostante gli anni scorrano, ancora esemplare la performance recitativa di Johnny Depp al cui personaggio, a testimonianza del tempo che passa, sono state concesse almeno delle ciocche vagamente nel biondo. Ottima anche l'interpretazione di Javier Bardem nei panni di Salazar e interessanti quelle dei due volti freschi e poco noti che sono stati aggiunti al cast in questa produzione: Brenton Thwaites (Henry Turner) e Kaya Scodelario (Carina Smyth). Peccato che il profilo psicologico dei loro personaggi sia stato poco sviluppato e che la loro love-story lasci molto a desiderare perché troppo prevedibile e fiacca. Degna di nota, tra l'altro, è la presenza per una breve sequenza di una special guest star: Paul McCartney dei Beatles. Proposta, per quanto bizzarra, che poco stupisce i fan della saga considerando che già nei precedenti film avevamo visto Keith Richards dei Rolling Stones nei panni di Capitan Teague Sparrow.



La sceneggiatura è semplice e briosa. Arguti come sempre i dialoghi e ingegnose le soluzioni trovate di volta in volta per affrontare le minacce. Ci sono in realtà delle scene non propriamente necessarie allo sviluppo narrativo, così come dei flashback in contraddizione con quanto raccontato negli episodi precedenti. Sono questi gli aspetti su cui i critici, a ragione, non hanno potuto chiudere un occhio etichettando il film come "un sequel per far soldi senza la grinta dei primi capitoli". Tuttavia la pellicola si lascia ugualmente apprezzare. Racconta un'avvincente storia di bucanieri, di ricerca delle origini e leggende dei mari. Si avvisa in ultimo gli spettatori di non lasciare la sala perché dopo tutti i titoli di coda - ma proprio tutti - attende gli appassionati un'inaspettata sorpresa.


Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 22 giugno del 2017.

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martedì 28 aprile 2020

Il nuovo Spider-Man della Marvel: un ottimo Bimbo Ragno!


RECENSIONEDalla scelta della colonna sonora alla caratterizzazione dei personaggi, dall’umorismo dei dialoghi ai colpi di scena: il nuovo “Spiderman: Homecoming” è davvero un film ben riuscito! Non a caso si tratta di un prodotto che vanta la firma Marvel.
Dopo la celebre trilogia con Tobey Maguire di Sam Raimi e i due “The Amazing Spiderman” di Marc Webb, a questo giro la regia di Jon Watts ci ha regalato una nuova avventura dell’Uomo Ragno senza mostrarci per l’ennesima volta la parte in cui Peter Parker assume i poteri. Tale scelta di per sè ha reso la pellicola più dinamica permettendo allo spettatore di seguire fin da subito il giovane supereroe nelle sue primissime imprese. E giovane non lo si fa tanto per dire: per la prima volta Peter Parker è stato davvero interpretato da un viso fresco e non da un quasi trentenne infilato a tutti i costi nei panni di un liceale. Lodevole la recitazione di Tom Holland calato nel ruolo di uno Spiderman quindicenne che si improvvisa difensore dei deboli nel suo quartiere del Queens, mentre va alla ricerca di farabutti di grossa portata per far colpo su Tony Stark. 

Il contesto scolastico non è semplicemente uno sfondo marginale. Anzi, la vita da adolescente di Peter con i suoi problemi, le interrogazioni, i richiami in presidenza, le prime cotte e la voglia di diventar grande è parte integrante della narrazione. Fra l’altro interessante è stata la decisione di mostrare una scolaresca multietnica, valorizzando anche un certo impegno sociale che la pellicola in maniera più o meno latente si propone.
Stordisce non poco l’assenza di zio Ben e la presenza di una zia May così giovane ed avvenente. Del resto la metamorfosi della vecchietta ci aveva già stupito in “Captain America: Civil War” di Joe e Anthony Russo (2016), tuttavia la produzione lascia intendere che tale cambiamento rispetto al fumetto possa riservarci accattivanti svolte nella trama dei prossimi sequel. Il risultato è un film frizzante e divertente che soddisfa il pubblico raccontando di un Bimbo-Ragno che attendiamo di rivedere sul grande schermo il più presto possibile.

Racconto di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 3 agosto 2017.


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domenica 19 aprile 2020

"Animali fantastici – I crimini di Grindelwald”: bene, ma non benissimo


RECENSIONE - Con "Animali fantastici e dove trovarli" era stata avviata così bene la nuova saga della Rowling che forse abbiamo finito con il covare davvero troppe aspettative nell'attesa del secondo capitolo. Allora oggi eccoci qua a commentare un tantino delusi "Animali fantastici - I crimini di Grindelwald", il nuovo film di David Yates la cui sceneggiatura porta immancabilmente la firma della mamma di Harry Potter. Chiariamo: il film resta ugualmente un prodotto di qualità e un buon suggerimento per riempire due ore di tempo libero. Eppure sono diversi gli aspetti che non soddisfano per nulla lo spettatore più pignolo o forse troppo esigente.
Apriamo e chiudiamo una breve parentesi sulla dimensione tecnica. In alcune scene l'applicazione del greenscreen è quasi imbarazzante perché si percepisce la sovrapposizione degli attori su immagini realizzate a computer. Ed è strano considerando il budget della Warner Bros. Inoltre ci sono dei momenti in cui la regia di Yates ha scelto di inserire nel montaggio delle soggettive, ossia delle inquadrature che permettono al pubblico di guardare attraverso gli occhi dei personaggi. Nella fattispecie abbiamo delle soggettive per Newt (Eddie Redmayne) e Leta (Zoe Kravitz). Il risultato è disturbante.


Per quanto riguarda la storia il film è ricco di effetti speciali ben riusciti quanto è povero di vere emozioni che riesca a regalare. Non si avverte infatti particolare trasporto o simpatia per alcun personaggio in particolare, non ci si affeziona realmente a nessuno. E che si tratti di un racconto corale in cui non vi sia un vero e proprio protagonista non regge come giustificazione. La realtà è che, nonostante le eccellenti interpretazioni degli attori e i nomi importanti che il cast annovera, nessun personaggio vive o mostra uno sviluppo concreto. Non vi è approfondimento adeguato nella loro psicologia. E lo dimostrano le scelte di Queeney (Alison Sudol) che sembrano buttate lì come una forzatura necessaria alla trama.
Fa forse eccezione proprio Grindelwald (Johnny Depp) che, a differenza di Voldemort, non ci viene presentato come il super cattivo dalla lampante malvagità. Con i suoi modi posati ed educati e le sue capacità persuasive in pubblico, non è un tiranno che impone la propria autorità con la paura. È un talentuoso oratore capace di parlare alla folla toccando i tasti giusti, di cavalcare i dubbi e le angosce della massa. Esattamente come avviene in politica nella realtà con chi fa tesoro dei populismi. Molto apprezzabile è stata anche l'intuizione di inserire un dilemma etico a proposito della disumanità babbana durante la Seconda Guerra Mondiale.

Una grave pecca banale, che poteva essere evitata, è data dall'incredibile incongruenza anagrafica dei personaggi in relazione alle date di nascita che da sempre conosciamo grazie ai libri di Harry Potter e alle informazioni rilasciate dalla Rowling ad esempio per Pottermore. Nel 1927 Silente (Jude Law) non sarebbe dovuto essere così incredibilmente giovane e la professoressa McGranitt, presentata come una maestrina alle primarie armi, in realtà non era neanche ancora nata in quell'anno. Un vero strafalcione.
Interessante l'introduzione di alcuni personaggi come Nagini e Nicolas Flamel, sebbene gli autori non li abbiano sfruttati al meglio. La speranza è che ci riservino grandi sorprese nei prossimi film. Da evidenziare è come Claudia Kim (Nagini) reciti perfettamente anche solo con lo sguardo, nonostante il copione le assegni a questo giro poche battute. Al contrario, al di là del siparietto comico, non comprendiamo la decisione di rappresentare in maniera tanto incartapecorita l'alchimista, considerando che l'eternità concessa dalla Pietra Filosofale a queste condizioni convinca poco.


Purtroppo per il resto la trama è piuttosto piatta. Riceve finalmente uno scossone solo alla fine con la rivelazione di un paio di colpi di scena. La Rowling in passato ci aveva sempre abituati a un crescendo di suspense lungo tutta la storia. Molte rivelazioni sembrano amalgamarsi davvero poco bene con quanto da sempre sappiamo sulle biografie dei personaggi. Siamo ancora di fronte al secondo film di una pentalogia, vero. Tuttavia ciò non toglie che "I crimini di Grindelwald" di per sé presenti molte lacune e diversi difetti. È di fatto un anello di passaggio semplicemente necessario per il decollo dei futuri capitoli. Qui risiede la sua povertà. Ci auguriamo pertanto che molti spunti verranno sviluppati adeguatamente nelle prossime pellicole che aspettiamo già da adesso con intrepida curiosità.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 28 novembre 2018.


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martedì 14 aprile 2020

"Animali fantastici e dove trovarli": la magia nella Grande Mela


RECENSIONE- Niente scuola di magia, niente maghetto con cicatrici a forma di saetta, niente streghe dai tradizionali cappelli a punta e maghi dai lunghi mantelli che spazzano il pavimento, niente scope volanti, niente Cioccorane, niente Diagon Alley e malinconiche brughiere del Regno Unito. Con “Animali fantastici e dove trovarli” la musica rimane letteralmente la stessa, ma si cambia ambientazione, stile, storia e personaggi. Soprattutto storia e personaggi. E di fondo è esattamente per questo che il film ci piace. Sono proprio queste le prime fra le svariate apprezzabili qualità dell’ultimo geniale parto di J.K. Rowling. Una pellicola segnata dall’inconfondibile impronta dell’autrice, con un sano tocco di familiarità e il grande pregio di essere allo stesso tempo una ventata di freschezza.
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La storia infatti, come dovrebbe ormai essere chiaro a tutti, non ha nulla a che fare con le peripezie di Harry Potter. Si tratta di un prequel e le vicende narrate si svolgono settant’anni prima di “Harry Potter e la pietra filosofale“. Non solo il nostro caro Harry non era ancora nato e né in programma, ma addirittura neanche i suoi genitori, i celeberrimi James e Lily Potter, erano venuti al mondo. Pertanto la trama è incentrata su un protagonista a noi nuovo, più o meno. Un certo Newt Scamander (Eddie Redmayne), autore del libro “Animali fantastici e dove trovarli” che gli studenti di Hogwarts usavano come testo da cui studiare nella saga con cui siamo cresciuti. Manuale enciclopedico a cui fra l’altro la Rowling ha dato anni or sono concretezza pubblicando per beneficenza un libricino omonimo (in Italia edito da Salani) con tanto di note esilaranti apportate da Harry e Ron.
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Scamander è un magizoologo che sbarca a New York con un’infinità di curiosi animali magici nella valigia. Un vero e proprio zoo, o meglio un safari considerata l’assenza di gabbie. I problemi non tarderanno ad arrivare perché Newt non è esattamente preparato circa le severe leggi dei maghi in vigore oltreoceano per nasconderli dai no-mag (nome a quanto pare usato negli USA per indicare i più noti babbani) ed evitare guerre. Da qui in poi il film è tutto da guardare e semplicemente da gustare.
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Tuttavia era necessario anticipare quanto per le considerazioni che seguono. Innanzitutto “Animali fantastici e dove trovarli” è una pellicola notevole per la sua capacità di camminare da sola sulle proprie gambe e rivendicare dignitosa indipendenza dalla saga più famosa di cui è indubbiamente figlia. È il film con cui la Rowling ha dimostrato che il mondo di Harry Potter possa essere grandioso anche senza Harry Potter. Per questo siamo dinnanzi a un prodotto che può tranquillamente risultare godibile anche per chi non ha mai visto un film basato su una storia della Rowling. Inutile però dire che la trama non perda tempo a spiegare la funzione di ogni formula magica, cosa sia un Auror o un elfo domestico perché queste, sì, sono nozioni che lo spettatore avrebbe già dovuto apprendere con Harry Potter.
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È quindi il primo capitolo di una pentalogia che dimostra di avere una propria identità, ma anche piacevolmente un’autonomia relativa. Non essendo un episodio autoconclusivo, “Animali fantastici e dove trovarli” presenta una sceneggiatura disseminata di elementi-semi che sicuramente germoglieranno in futuro. È caratteristico della Rowling d’altronde non lasciare nulla al caso. Qualsiasi dettaglio apparentemente marginale, dopo essere stato messo in disparte per un periodo più o meno lungo, ritorna sempre rivelando la propria utilità. Ne abbiamo avuto prova nella saga di Harry Potter con gli armadi gemelli di Sinister e della Camera delle Necessità, con il medaglione-Horcrux, con il diadema di Priscilla Corvonero e con tanti altri esempi. Fra le insignificanti cianfrusaglie risiede sempre la chiave. Ciò che sembra lasciato in sospeso è stato invece lasciato a lievitare. Ed è abbastanza prevedibile che la storia finirà prima o poi con il gettare luce sul passato di Silente che abbiamo appena sfiorato in “Harry Potter e i doni della morte“. Ecco, probabilmente la prevedibilità, che in buona parte abbiamo percepito anche in “Harry Potter e la maledizione dell’erede“, è l’unica pecca a cui la Rowling sembra essersi abbandonata dopo la fine della saga che le ha dato la gloria. Tuttavia è troppo presto per esprimere un giudizio ponderato ed è meglio aspettare i prossimi capitoli.
animali-fantastici-e-dove-trovarli-07Intanto altro aspetto interessante è che la Rowling abbia in un certo senso cambiato destinatario. Il film si rivolge infatti soprattutto a un pubblico di adulti. Certo, adulti amanti del fantasy e novanta su cento cresciuti con Harry Potter, ma pur sempre a persone mature. La trama non si presta più al genere dei romanzi di formazione. I protagonisti non sono dei maghetti e delle streghette alle prime armi che cresceranno e matureranno con i fan e in cui i più piccini possano immedesimarsi come accade con Harry, Ron ed Hermione. Sono personaggi già grandi, grossi e vaccinati, immersi in atmosfere più gotiche e dark, interpretati adeguatamente dal cast grosso modo valido e stellato. Ricordiamo la presenza anche di Katherine WaterstonDan Floger Colin FarrellAlison Sudol e di Johnny Depp per un minuto a stento.
animali fantastici e dove trovarli 06La scelta di spostarsi da Londra e dalle verdi distese scozzesi alla Grande Mela degli anni Venti, in pieno proibizionismo, non ha rappresentato una resa alla solita americanata. Ha invece offerto una molteplicità di spunti di riflessione su tematiche sociali e ancora di attualità. Quando si parla dei divieti circa il matrimonio fra maghi e no-mag si percepisce una critica alle vecchie leggi razziali fra bianchi e neri. E che dire a proposito della pena di morte laddove il peggio a cui eravamo stati abituati era stata la condanna ad Azkaban?
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In conclusione un film che non teme il confronto, grazie alla sceneggiatura coerente ed entusiasta scritta dalla stessa Rowling. Un film che non delude soprattutto perché non è la trasposizione di un libro o di una storia già nota. E ciò ha di certo giovato al nostro caro David Yates che aveva già gestito – non senza cilecche – la regia degli ultimi quattro episodi di Harry Potter. Un film che si consiglia indubbiamente agli appassionati, fosse anche solo per quell’unica volta in cui viene pronunciato il nome Silente e si commuove il cuore, in un moto di orgoglio, nel sentire che “è senz’altro Hogwarts la Scuola di Magia e Stregoneria migliore del mondo“.

Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 2 dicembre 2016.


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domenica 5 aprile 2020

La giacca nello stagno - racconto breve



Un muschio giovane e umido ricopriva la superficie rude della roccia, proprio all'uscita della caverna sulla cui bocca le due ragazze si trovavano. Alle loro spalle il buio inghiottiva una galleria che Giselle non ricordava assolutamente di aver percorso. Era come se avesse aperto gli occhi d'improvviso dopo un grosso sbadiglio e si fosse ritrovata lì senza apparente spiegazione razionale. Un susseguirsi di piccoli suoni acuti le fece accapponare la pelle. Era uno stridio corale accompagnato da battiti di ali. Il timore che in quelle tenebre potessero esserci nascosti dei pipistrelli le fece istintivamente portare le mani ai capelli. Indietreggiò di un passo, sfregando la suola in gomma delle scarpe da ginnastica su una ghiaia bianca, sottile, polverosa. 
La ragazza che le era accanto cercò in quel momento di attirare la sua attenzione. Con le braccia allungate verso di lei, le tendeva un lungo bastone verde. Probabilmente una canna di bambù raccattata per terra. 
Giselle la guardò. Riconosceva i suoi capelli color miele, ma non capiva cosa ci facesse con lei adesso in quel posto. Eppure non le chiese nulla. Dalla sua mascella serrata e dallo sguardo rigido, Giselle comprese che la ragazza bionda non le avrebbe risposto. Non avrebbe mai parlato. Forse era diventata muta oppure sarebbe rimasta in silenzio per scelta. Lo sguardo era deciso, privo della timidezza che Giselle ricordava di avervi intravisto tante volte prima di quell'occasione. Le sorse il dubbio di essersi sbagliata. Poteva darsi che non fosse lei.
La ragazza annuì con un lieve movimento della testa. Le braccia ancora tese in avanti nell'offrirle il bastone. Con uno sbrigativo cenno del mento, le indicò qualcosa in basso. Giselle si voltò e le si spalancò innanzi agli occhi un angolo di natura incontaminata. A neanche mezzo metro dai suoi piedi il terreno terminava gettandosi nelle acque scure e impenetrabili di uno stagno. La superficie immobile era uno specchio nero che rifletteva fedelmente il verde delle chiome pigre e rigogliose degli alberi lungo le rive. Nessun fiore di ninfea risaliva a galla per regalare eleganza e frivolezza a quella visione tanto selvatica. Ammassi di foglie filtravano la luce, creavano zone d'ombra e incorniciavano spicchi di cielo di un celeste tenuo. Non era un lago. Sembrava una palude, ma Giselle non avrebbe saputo dirlo con certezza.
L'unica cosa che riuscì a notare fu piuttosto una macchia di colore rosso magenta nella cui direzione puntava irremovibile lo sguardo della ragazza dai capelli come il miele. Era un "qualcosa". Un qualcosa di estraneo alla natura. Giselle aguzzó la vista per vederci meglio. Voleva capire se si trattasse di un rifiuto. Galleggiava sul filo di quell'acqua stagna. Sembrava essere della stoffa.
Giselle si voltò verso la ragazza che ancora le tendeva il bastone. Allora comprese. Afferrò la canna di bambù e l'allungó fino a toccare l'oggetto non identificato. Qualsiasi cosa fosse non oppose resistenza.
"Sì, sembra proprio stoffa" mormorò Giselle rendendosi conto di quanto fosse facile avvicinare a riva quello straccio. A quel punto temeva unicamente di scivolare e cadere in quell'acqua melmosa. Non riusciva a immaginare quanto potesse essere profonda. Aveva fatto a stento un passo in avanti e già aveva avvertito il terreno rivelarsi più friabile e instabile sotto i piedi. Non sarebbe stato difficile perdere l'equilibrio accidentalmente nello sporsi.
"Ma è una giacca!" commentò infine quando la macchia rosso magenta fu più vicina. Guardò la ragazza accanto che, fedele al suo immotivato voto di silenzio, si limitò ad annuire di nuovo col capo. Questa volta più energicamente, tradendo un pizzico di entusiasmo umano.
Era una di quelle giacche leggere da donna tagliate secondo il gusto elegante di un tailleur. Giselle riuscì a guidarla fino a riva. A quel punto la ragazza bionda si piegò per terra ed estrasse impaziente la stoffa bagnata dall'acqua putrida.


Fu allora che inspiegabilmente comparve una barchetta. Sì, una barchetta da pescatore bianca, con i bordi di un azzurro carico. A bordo un giovane dalla pelle abbronzata, i tratti asiatici e un caschetto di capelli neri e lucidi. Era venuto a prenderle. Il perché e per portarle dove questo Giselle proprio non lo sapeva. Ciononostante seguì la ragazza con i capelli miele. Nel salire sulla barca prestò attenzione a non scivolare nell'acqua nera dello stagno. Il ragazzo dai tratti asiatici le porse un braccio e una mano per aiutarla a conservare l'equilibrio.
Una volta a bordo Giselle si sedette accanto alla bionda e iniziò a osservare entrambi. Nessuno parlava. Nel silenzio più assoluto il giovane eseguiva con meticolosa concentrazione i gesti ripetitivi necessari per remare. Di tanto in tanto si scrutava attorno come se temesse di sbagliare percorso. A tratti aveva tuttavia lo sguardo vago di chi è immerso nei propri pensieri.
La ragazza seduta accanto si limitava invece a starsene immobile in una posa composta e le mani congiunte in avanti. Col capo chino sembrava quasi assorta in preghiera. Eppure aveva sul viso un'espressione vuota, distratta. Probabilmente stava semplicemente fissando le proprie scarpe rapita da chissà quali fantasie.
Giselle non osò rompere la quiete di quel momento. Senza proferire parola, alzò dunque la testa per ammirare meglio lo stagno. Tuttavia, quando alzò occhi, scoprí con stupore di non trovarsi più in una sorta di palude, ma nel bel mezzo di un mare aperto. L'acqua era diventata di un blu intenso. Non c'erano più rive fangose, ombra, alberi e muschio. Il cielo era di un turchese intenso e in lontananza si avvistava la costa di una spiaggia.
"Ma non è davvero possibile!" balbettó Giselle sconvolta. Con gli occhi sgranati strinse i pugni lungo i bordi della barchetta. Iniziò a sporgersi a tal punto che il giovane temette potesse cadere in acqua. Le disse perciò qualcosa in una lingua che Giselle non conosceva. Pur non comprendendo il significato di ciascuna parola, dai gesti concitati, la ragazza comprese di essere stata rimproverata. Tornò a sedersi in maniera corretta, continuando a osservare lo strabiliante e improvviso cambio di panorama. La ragazza dai capelli miele non sembrava per nulla sorpresa. Osservava l'orizzonte come fosse assente. Al contrario Giselle non sapeva davvero spiegarsi come potesse essere razionalmente fattibile un evento simile. Socchiuse le palpebre e lasciò che la brezza marina le accarezzasse il viso.
Dopo un po' la barca si fermò. Avevano raggiunto la costa e il giovane aveva ancorato presso una banchina in legno. Aiutò entrambe ad abbandonare la barca senza fare un tuffo indesiderato in acqua. Una volta a terra la ragazza bionda la fissò negli occhi con fare placido e Giselle comprese che si trattava di un ennesimo invito a seguirla. Decise di fidarsi.
Sotto a un cocente sole estivo, percorsero la banchina in legno raggiungendo una strada di città. Lungo il marciapiede più vicino c'era un taxi che sembrava aspettare proprio loro due. La ragazza bionda avanzò con passo deciso in quella direzione. Giselle non protestò e le trottorellò dietro. In breve si ritrovò così seduta all'interno di una sorta di taxi d'epoca, di quelli tipici delle località vacanziere. Non era un'auto con un abitacolo chiuso. Era un veicolo aperto e le loro teste erano sormontate da una tendina blu.
Probabilmente per risparmiare, Giselle e la bionda stavano condividendo il viaggio con una giovane coppia. Erano tutti seduti su dei sedili blu, l'uno di fronte all'altro. Quale fosse la destinazione era un altro mistero di quella strana e assurda situazione. Poi a un certo punto la giovane coppia iniziò a litigare in una lingua incomprensibile. Forse si trattava di turisti stranieri, ipotizzò Giselle senza riuscire a indovinare né la nazionalità e né il motivo della lite. Cadde subito un velo di imbarazzo nel taxi. Fatto sta che il ragazzo nella sua lingua chiese all'autista di interrompere la corsa. La fidanzata non cercò di fermarlo e lui scese dal veicolo. Giselle lo vide allontanarsi, poi fermarsi e guardarsi indietro. Forse in preda a un fugace ripensamento o per verificare se lei lo stesse guardando. Poi, mosso dell'orgoglio, riprese a camminare in avanti, agitando le braccia. Senza più voltarsi.


Racconto di Valentina Mazzella



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