mercoledì 24 agosto 2022

"Una cosa divertente che non farò mai più”, la cinica satira di David Foster Wallace sull’industria delle vacanze e del benessere



Rubrica estiva: “UN LIBRO IN SPIAGGIA” ⛱️

 

RECENSIONE – “Una cosa divertente che non farò mai più” del celebre scrittore americano David Foster Wallace: una lettura consigliata a chi desidera ridere e allo stesso tempo riflettere. Non è un romanzo, ma un breve saggio. Ormai un classico dell’umorismo postmoderno. Si tratta di un esilarante reportage narrativo pubblicato nel 1997. Fu commissionato a Wallace l’anno precedente dalla rivista Harper’s Magazine. L’autore racconta in un centinaio di pagine una settimana di crociera extralusso ai Caraibi con il suo inconfondibile sguardo cinico, divertente, dissacrante.



La spregiudicatezza di David Foster Wallace è nota ai suoi lettori più affezionati. Le sue analisi attente, senza peli sulla lingua, lo hanno consacrato come uno degli autori statunitensi più autorevoli degli ultimi decenni. Una personalità da outsider. Uno stile di scrittura schietto, prolisso e ricco di digressioni. Una vita tormentata dalla depressione che si è spenta nel 2008 con un tragico suicidio. Eppure l’ilarità e la lucidità che trapelano dalle pagine di quest’opera sono eccezionali.

All’epoca della stesura Wallace aveva trentatré anni. La rivista gli offrì la vacanza di lusso tutta pagata. Lui tornò a casa con un taccuino carico di osservazioni impietose sul concetto di divertimento di massa della società americana contemporanea. “Una cosa divertente che non farò mai più” è una spietata satira sull’industria delle vacanze occidentali. Wallace descrive l’opulenza delle navi da crociera, l’esibizionismo e l’avidità dei clienti che desiderano sempre di più e sempre il meglio per sentirsi migliori. Con il suo piglio ironico, l’autore descrive anche l’ipocrisia del personale di bordo: i dipendenti sempre pronti a servire e a coccolare i passeggeri unicamente per lavoro e denaro. Con il sorriso perenne e i modi garbati imposti dall’esigenza di uno stipendio e dalla paura del licenziamento.

Per chi non è avvezzo agli scritti di David Foster Wallace, c’è il rischio di considerare l’autore un narratore un po’ antipatico. Forse una persona intellettualmente snob e incapace di godersi una semplice vacanza. In realtà “Una cosa divertente che non farò mai più” è una lettura brillante che medita sui concetti di benessere e omologazione nella società contemporanea. Il saggio è consigliato anche a chi non ha mai letto nulla dello stesso scrittore e desidera un primo assaggio.

Si rimarrà sorpresi dallo stile peculiare di Wallace, puntellato da digressioni e note a piè di pagina. Ad esempio, durante la narrazione, non è strano imbattersi in un improvviso commento sulla saga cinematografica di “Jurassic Park” di Spielberg. Il reportage è impregnato di un umorismo grottesco e di un acume sottilissimo. Alla fine tutta la malinconia del lusso sfrenato percepita da Wallace bacia il lettore lasciandogli l’amaro in bocca. Un’amarezza che apre gli occhi e regala una prospettiva nuova della realtà.



Recensione di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 22 agosto 2022.


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giovedì 18 agosto 2022

"Il coperchio del mare” di Banana Yoshimoto, una lettura cristallina come l’acqua

 


Rubrica estiva: "UN LIBRO IN SPIAGGIA" ⛱️


RECENSIONE - Se dovessimo descrivere "Il coperchio del mare" (Feltrinelli Editore, 2007) di Banana Yoshimoto con un'immagine, sicuramente dovremmo pensare a due mani congiunte che, immerse in dell'acqua cristallina, provano a raccoglierne un po'. L'acqua però, trasparente e fresca, scivola tra le dite fino a gocciolare via... È esattamente questa la sensazione nel leggere questo romanzo breve, dalla scrittura semplice ed evocativa. 

Racconta la storia di Mari che decide di tornare presso il suo paese natale dopo la laurea. La giovane si lascia alle spalle i ritmi frenetici della vita di città per abbracciare un'esistenza dai tempi più dilatati in un luogo in riva al mare. Qui apre un piccolo chiosco di granite. Un scelta narrativa dettata dalla passione che la Yoshimoto ha scoperto durante un suo viaggio in Sicilia. La madre di Mari decide di ospitare per l'estate Hajime, la figlia di una cara amica. La ragazzina sta attraversando un periodo difficile: ha da poco ed è sfigurata nel volto e nel corpo sin dall'infanzia a causa di un incendio. Mari ha un carattere molto forte, Hajime è molto fragile. Le due inizieranno a trascorrere molto tempo insieme suggellando un tacito sodalizio tra donne. 

Sullo sfondo forse il vero protagonista del libro: il mare. Il mare con i suoi pesci e i suoi coralli. Il mare che alimenta i pensieri e le aspettative di Mari e Hajime. Il mare che dà loro sollievo dopo le delusione, restituendo speranza al futuro. Soprattutto il mare che le due donne insegnano a salutare alla fine dell'estate, quando durante l'ultima nuotata ti volti verso la riva e guardi la spiaggia. È in quel momento che Mari e Hajime ringraziano il mare per quello che ha offerto loro nei mesi estivi con la promessa di tornare l'anno venturo. 

"Il coperchio del mare" è un romanzo delicato, senza suspense o troppi colpi di scena. La trama è lineare e con il focus su delle pacate riflessioni sull'esistenza. Niente di troppo celebrale. Ogni tanto tra le righe suonano delle note di nostalgia e malinconia, ma la voglia di vivere serenamente e rinascere è più forte. Banana Yoshimoto tratteggia egregiamente le immagini con il suo inconfondibile stile. Una lettura ottima per rilassarsi tra un romanzo più impegnativo e l'altro, senza rinunciare al piacere di porsi domande e meditare con leggerezza sulla quotidianità.



Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 15 agosto 2022.


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sabato 13 agosto 2022

"Il ballo" di Irène Némirovsky, la rivalità tra madre e figlia in un classico del Novecento

 


Rubrica estiva: “UN LIBRO IN SPIAGGIA” ⛱️

 

RECENSIONE – Una lettura agile, veloce, offerta da una scrittura fluida, limpida: “Il ballo” di Irène Némirovsky è un classico del Novecento, ma molto breve. Quasi un racconto lungo. Scritto nel 1930, è possibile trovarlo in diverse edizioni. Molte anche economiche. Racconta la storia della rivalità tra due donne, tra una madre e una figlia. A Parigi i Kampf si sono arricchiti con molti sacrifici e hanno deciso di organizzare un grande ballo nel nuovo lussuoso appartamento in cui abitano per invitare le persone più in vista. I due coniugi hanno anche una figlia di quattordici anni, Antonoitte, a cui la madre negherà la possibilità di partecipare al ballo.

La madre, Rosine, desidera essere accetta dalla buona società. È una donna arrivista, un’arrampicatrice sociale. Non vuole essere messa in secondo piano dalla figlia. La presenza della ragazzina ricorderebbe a tutti che lei non è più tanto giovane e nel fiore degli anni. Un tema questo, come nel romanzo “Jezabel”, abbastanza ricorrente nella produzione letteraria della Némirovsky. Antoinette, invece, desidera essere ammessa al mondo degli adulti, in un’epoca in cui, più di oggi, usi e costumi alle volte erano simili a riti di iniziazione. Il finale impregnato di livore lascia a bocca aperta.


Foto di Irène Némirovsky.
                                     Foto di Irène Nemirovsky.


Irène Némirovsky offre una trama caratterizzata da un grandissimo approfondimento psicologico dei personaggi. Il lettore riesce a cogliere di ciascuno svariate motivazioni dichiarate e sottaciute. Il romanzo è una critica spietata contro le dinamiche di un mondo parvenue. Il sentimento che più domina tra le pagine è assolutamente il rancore. A seguire incontriamo solitudine, gelosia, invidia, vedetta. Addirittura la crudeltà che avvelena le protagoniste dalle viscere.

“Il ballo” è la lettura perfetta per chi ha poco tempo e cerca una storia coinvolgente. Un’opera che fa venir voglia di scoprire anche altri capolavori di una delle autrici più meritevoli del Novecento, ma per decenni non valorizzata in maniera adeguata.


Di Valentina Mazzella, pubblicato sul Napolisera.it in data 8 agosto 2022.


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martedì 2 agosto 2022

Nodi nei capelli - racconto breve

 



"Posso aiutarti io?".

Con una penna cerco di districare un indicibile ammasso di nodi. Impresa ardua. Soprattutto con uno strumento così poco funzionale. I capelli sono tutti attorcigliati.

"Per caso hai un pettine?".

"No, ma se vuoi posso provare io a...".

Ho la fronte corrugata e il naso arricciato. Con le dita cerco di sgrovigliare i capelli dove la penna ha fallito. Ho già cercato in borsa: non c'è ombra di alcun pettine.

"Posso pettinarti io?" chiede la ragazza bionda. È seduta sulla panca e indossa una felpa scura con una stampa blu sul petto. 

Sono in piedi dinnanzi a lei. La osservo. Con un sospiro di frustrazione, mi arrendo. Divarico le gambe e mi siedo a cavalcioni sulla panca, davanti a lei. Le do le spalle. Sento le sue dita delicate affondare nei miei capelli. All'inizio le mani studiano la posizione dei nodi e la loro forza. 

Accanto alla ragazza è seduto un giovane taciturno. Ha lo sguardo basso e sta sulle sue. Fino a quel momento ci siamo ignorati. 

"Ho bisogno di un pettine" ripeto nervosa. 

Sono molto impaziente e potrei decidere di andare via da un momento all'altro. Ad un tratto però vedo una donna avvicinarsi a me e alla ragazza bionda. La riconosco. Ha in mano uno scatolino blu. Uno scatolino dalla forma inconfondibile, di quelli che possono contenere solo un anello. 

"È per te, da parte di tutti noi. Per il tuo compleanno" mi dice.

Il giovane taciturno spezza inaspettatamente il voto di silenzio. "Perché hai detto 'da parte di tutti noi'?" protesta. 

Non ho voglia di ascoltare polemiche inutili. Sono anche piuttosto imbarazzata. Non so come comportarmi, cosa dire. Mormoro poche parole di circostanza.

Ringrazio: "Non dovevate, non c'era bisogno... grazie...". 

La ragazza bionda mi invita ad aprire lo scatolino. Guardo lei e la donna. Esito. Sorrido. Acconsento. Con gesti molto lenti, apro la scatola e vedo con stupore di gradimento un anellino sobrio, elegante. È un anello di fidanzamento? Qualcuno dovrebbe infilarlo al mio dito? Non so rispondere. Decido di non toccarlo, di non provarlo.

Alzo lo sguardo per osservare la donna. È in attesa di una mia reazione. Studia il mio viso per capire se io abbia davvero gradito il regalo. 

La ragazza bionda si alza e si allontana con la donna.

Avviene tutto silenziosamente. In un baleno. Rimango seduta sulla panca, con lo scatolino in mano. È aperto. Fisso l'anello. 

Il giovane taciturno è lì accanto. Un'espressione spenta sul volto. Gli occhi puntati sul pavimento, le palpebre pesanti. Biascica di nuovo poche parole: "L'ho comprato con papà".

Non capisco il senso di quella frase.

"I soldi... Per i soldi, ho chiesto qualcosa a papà" spiega. Forse ha indovinato il mio interrogativo. Spesso so essere molto espressiva. Lui però non alza lo sguardo. 

Poso di nuovo gli occhi sull'anello. Non so se attendere che lui dica altro, se aspettare che voglia mettermelo al dito o se sia meglio chiudere la scatolina. Poi mi accorgo di un bigliettino. Sull'anello. Prima non c'era. Ne sono sicura. Provo a leggere quel che c'è scritto sopra, ma vedo solo uno sgorbio. Non riesco. Non ho gli occhiali con me. Non saprò mai cosa ci sia scritto.


Racconto breve di Valentina Mazzella

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