sabato 30 settembre 2023

“Questo mondo non mi renderà cattivo”: la serie di Zerocalcare che racconta temi caldi di attualità con un inconfondibile stile pop

RECENSIONE – Per quanto possa apparire scontato, “Questo mondo non mi renderà cattivo” si conferma una lodevole serie in pieno stile Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech). Il prodotto è stato realizzato dal noto fumettista italiano con un talentuoso team di 300 persone. Distribuito su Netflix dallo scorso 9 giugno, è diventato subito uno dei contenuti più visualizzati della piattaforma di streaming on demand. Un grande successo! L’autore aveva anticipato che non si sarebbe trattato di un sequel di “Strappare lungo i bordi” e infatti non lo è.

Racconta tutt’altra storia. Tuttavia i sei episodi più lunghi in cui la serie si snoda sono popolati da personaggi e dettagli già presenti nell’altro prodotto di Zerocalcare. Ritroviamo pertanto Zero, lo spassosissimo Secco, la saggezza di Sarah, Mamma Lady Cocca/Genitore 1 e addirittura il fu bambino Lucertola. Tutti doppiati nel passato da Zerocalcare con il suo caratteristico romano. Non manca naturalmente l’Armadillo, la proiezione della coscienza del protagonista. Doppiato sempre da Valerio Mastrandrea, continua a essere un personaggio dall’umorismo cinico e irriverente, ma di grande carisma: un po’ tutti vorremmo nelle nostre vite un Armadillo fisico che ci parlasse in maniera altrettanto schietta di volta in volta.

Nella narrazione compare inoltre un nuovo personaggio: Cesare, una vera bomba di pepe per una narrazione profonda, ma dal ritmo più lento rispetto a “Strappare lungo i bordi”. Già il titolo “Questo mondo non mi renderà cattivo” suggerisce la vera essenza della stagione. Zerocalcare sceglie di rappresentare un racconto politico a partire da episodi di vita e fatti di cronaca locale. Conserva la sua onestà intellettuale, con coraggio. Non cerca di vendere, non desidera indottrinare. Non cavalca la retorica. Con notevole integrità, si mette spesso in discussione. Esegue un’analisi minuziosa, legge la società che lo circonda cercando sempre di cogliere tutte le sfumature. Mai con la presunzione di chi pretende di aver ragione a tutti i costi. Ne emerge sempre l’idea che Zerocalcare, al di là del geniale artista, sia davvero e soprattutto “un’anima bella” in termini umani.

In questa nuova serie l’autore tocca con tatto nuovi argomenti attraverso uno sguardo quasi antropologico. Dall’evoluzione dei rapporti nel percorso di crescita al tunnel della droga e l’ingresso in comunità. Dal dramma dell’urgenza migratoria al razzismo. Dall’ipocrisia della politica agli scontri violenti con gli estremisti. Il tutto sempre con uno stile esattamente pop, arricchendo la narrazione di elucubrazioni, battute e innumerevoli Easter eggs. Racconta anche il senso di colpa del privilegio e il conflitto interiore di chiunque umanamente sia diviso tra i vantaggi egoistici e i propri ideali. La vera firma di Zerocalcare è in soldoni la disarmante onestà con cui cerca ogni volta di esaminare la società e le persone. Senza innalzarsi su alcun pulpito. Tra una battutaccia e un accenno a Don Matteo o al Trono di Spade, con un’impronta sempre autentica.


Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 27 giugno 2023.


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giovedì 28 settembre 2023

“La sirenetta”: il live-action Disney supera “la prova”, tante polemiche per nulla

 


RECENSIONE – Tanto trambusto per nulla. Dopo mesi e mesi di polemiche, il film “La sirenetta” è finalmente arrivato nelle sale il 24 maggio. A distanza di quasi un mese dalla data di distribuzione possiamo tranquillamente affermare che, nonostante le premesse, si tratti dell’ennesimo trionfo della Disney. Il live-action ripercorre in maniera abbastanza fedele la trama dell’omonimo film d’animazione della Disney, quello del 1989 che già di suo era un rifacimento della fiaba originale dello scrittore Hans Christian Andersen.

La regia è curata da Rob Marshall, mentre la sceneggiatura gode della firma di David Magee. Quando fu annunciata la scelta di un’attrice nera per interpretare Ariel, l’opinione pubblica chiacchierò molto anche dei tranelli in cui il politicamente corretto rischiava di inciampare con tale scelta. Nella versione del 1989 Ariel veniva educata/civilizzata dal principe in quanto la giovane, giunta in superficie a digiuno degli usi e costumi umani, non sapeva usare neanche le posate in maniera corretta.

Per il live-action il timore era dunque che il casting più inclusivo potesse goffamente rappresentare una Ariel nera “civilizzata dal principe-uomo-cis-bianco”, proponendo raccapriccianti stereotipi di epoca coloniale. Assurdamente remando contro la propria battaglia. Sarebbe stato il colmo! E infatti così non è stato perché la produzione ha avuto l’intuizione giusta. L’ambientazione di fantasia – esotica e indefinita – è popolata di personaggi di diverse etnie. Sono delle donne nere le prime ad aiutare Ariel a prendere confidenza con la realtà in superficie.

Halle Bailey nei panni di Ariel funziona. L’attrice offre una buona performance recitativa e la scelta della Disney di cambiare l’immagine tradizionale della protagonista di base non cambia alcunché. Tradisce soltanto la nostalgia degli spettatori più affezionati, ma offre maggiore rappresentazione etnica e – diciamo anche questo – amplia il ventaglio del merchandising. In termini di marketing, ora sugli scaffali degli store e nei parchi divertimento Disney ci saranno più versioni dello stesso personaggio: business. In soldoni l’utile incontra il dilettevole.

Regalano soddisfazione anche gli altri artisti del cast. In particolare Jonah Hauer-King (il principe Eric) e Javier Bardem (Re Tritone). È stato dato un maggiore senso anche alla cattiveria di Ursula, interpretata egregiamente da Melissa McCarthy. In Italia le canzoni hanno inseguito le orme della tradizione del 1989. Apprezzabile l’interpretazione canora di Mahmood che presta la voce a Sebastian. La qualità della grafica non è stata accolta con un giudizio unanime dalla critica. La prima parte ambientata in fondo al mare mostra purtroppo una fotografia forse troppo scura. Molte delle scene ambientate nel mondo in superficie sono state invece riprese in Sardegna i cui panorami offrono – inutile dirlo – vedute e location mozzafiato.

Nella trama sono stati aggiunti dei dettagli che correggono in maniera ligia alcune lacune presenti nel film d’animazione. Ad esempio il fatto che l’Ariel del 1989 non cerchi mai di comunicare con il principe scrivendo, nonostante abbia sigillato il patto con Ursula firmando un contratto (pertanto si presuppone che la ragazza sappia leggere e scrivere). Fiore all’occhiello della nuova narrazione è sicuramente il maggiore spazio concesso nella storia a Eric. Nella vecchia versione Disney il principe appariva, infatti, un personaggio abbastanza passivo. A lottare per l’amore e il lieto fine era soprattutto Ariel, disposta a tutto per il suo amato. Del resto si tratta dell’aspetto di frequente più criticato della fiaba.

Ariel è una principessa ribelle, una figlia che disubbidisce coraggiosamente al padre per rivendicare la propria indipendenza e seguire il cuore. Dall’altra parte è ancora animata dall’incoscienza della giovinezza e nel cartone animato investe nell’amore più di quanto faccia obiettivamente Eric. Questo squilibrio non è mai stato giudicato con occhio benevolo, etichettato addirittura come un modello di relazione romantica impari e non sana. Questa volta, invece, Eric cessa di essere una sorta di soprammobile. Compaiono addirittura scene in cui canta innamorato di Ariel prima ancora di conoscerla adeguatamente di persona. Il personaggio acquista maggiore spessore psicologica. I due giovani poi si avvicinano a piccoli passi grazie alla passione in comune per il collezionismo. Insomma, “La sirenetta” così non racconta più unicamente la storia di Ariel che lotta per il suo amore. Diventa finalmente il racconto di due giovani che lottano insieme per il loro amore


Recensione di Valentina Mazzella, pubblicata sul Napolisera.it in data 18 giugno 2023.


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