RECENSIONE - Per Erri De Luca la scrittura nasce da un'urgenza interiore. L'ha dichiarato più volte. Scrive più per se stesso che per il pubblico. Pertanto non si cruccia più di tanto, spiega, quando qualcuno non apprezza un suo libro perché riconosce che probabilmente non si tratti del genere di lettore a cui i suoi racconti sono destinati. Un atteggiamento che da alcuni potrebbe essere giudicato espressione di superbia, ma è in realtà spia di una buona dose di coerenza nella propria passione artistica. Quindi di certo anche questa volta lo scrittore napoletano avrà fatto spallucce dinnanzi alle critiche di quanti lo accusano di scrivere ormai "solo per contratto". Gli stessi che lo rimproverano per i "noiosi contenuti ripetitivi", lo stile lento, il lessico obsoleto e le metafore troppo astratte. Eppure va detto che, volente o nolente, anche il meno coinvolgente dei romanzi di Erri De Luca resti ugualmente una piccola chicca. Dalla sua prosa poetica è sempre possibile ricavare qualche pagina o riflessione che ti apra gli occhi.
È quello che accade leggendo anche "Il giro dell'oca" (Edizione Feltrinelli), il suo ultimo romanzo. Come Geppetto si fabbricò un figlio intagliando il legno, De Luca per una sera plasma un figlio con la parola. È il figlio che non ha mai avuto, un bambino mai nato e per quella sera già adulto. Quello che una donna in gioventù concepì con lui decidendo poi di interrompere la gravidanza. Il libro si divide in due parti: una prima che ha la forma di un monologo dell'autore e la seconda in cui questo figlio di carta rompe il silenzio aprendosi al dialogo. Nel complesso è una sorta di testamento che lo scrittore butta giù per discutere l'assenza e la mancanza di un figlio mai avuto. Presto però l'idea della riflessione sulla paternità si rivela essere un pretesto per raccontare la vita di De Luca in una sorta di auto-intervista. È vero che vengono di nuovo spolverati temi cari allo scrittore e già affrontati in altre sue opere: Napoli, la sua infanzia, i suoi genitori, il suo attivismo politico nell'età della giovinezza, gli anni da operaio, il dolore per la scomparsa della madre, il suo rapporto con la scrittura e i libri in casa "tenuti sparsi come gli amori". Eppure ogni volta Erri De Luca riesce a evocarli in maniera diversa, con una veste nuova. Con un innovativo impasto di parole, con un dettaglio che regala una prospettiva in più. E non è facile. Ecco allora che questo incontro fra il non-padre con il suo non-figlio si riscopre confronto dell'autore con la propria coscienza, con i propri fantasmi. Un'occasione di analisi. Non solo di sé, ma anche delle differenti sensibilità. Un libro che medita sulle capacità della parola scritta, sulla realtà della sua consistenza e la rivelazione della scrittura. Così, come il non-figlio fa compagnia a Erri De Luca per una sera, "Il giro dell'oca" è un romanzo che intrattiene il lettore riscaldandolo per un paio di ore.
Di Valentina Mazzella
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