sabato 17 ottobre 2020

La bimba - racconto breve



La bimba stringeva le manine attorno alle sbarre sottili della ringhiera in ferro. Si reggeva in piedi con sguardo curioso, sorretta dalla madre seduta là accanto sul pavimento di mattonelle verdi. La stessa madre che la contemplava contenta, come l'artista soddisfatto della propria creazione. Le aggiustò le pieghe della gonna a balze che le copriva il pannolino. Il tessuto era rosso come il fiore di stoffa applicato sulla fascia che abbelliva la testolina con pochi capelli della bimba.
La madre sorrise. Eppure qualcosa inquietava la sua serenità. Era tesa. Guardava la sua bimba e non poteva fare a meno di pensare quanto fosse simile a lei nelle sue foto di infanzia. Eppure gli occhi no, erano come quelli del babbo. 
"Adesso arriva papà" disse la mamma alla bambina. Dal tono però sembrava volesse rassicurare se stessa. 
Erano sul balcone della casa della nonna di lei. Delle veneziane verdi abbassate a metà riparavano entrambe dal sole del pomeriggio. La madre gettò uno sguardo in basso e vide per strada due persone avvicinarsi al portone del palazzo. Un uomo e una donna. 
"È arrivato papà" disse la mamma alla figlioletta. "È qui per il tuo compleanno" le spiegò. La bimba compiva un anno. Guardò la madre arricciando il nasino. Un sorriso vispo le guizzò sul viso morbido. Poi sembrò chiedere il ciuccio. 
Sentirono suonare il citofono e qualcuno percorrere di corsa il corridoio per andare all'ingresso ad aprire la porta. Il padre non tardò a comparire sul balcone davanti alle due. Diede un cenno di saluto freddo, imbarazzato, alla madre della bimba. Era distante e allo stesso tempo appariva a disagio. Non pronunciò una parola. Si limitò ad abbassarsi e a sollevare con dolcezza la figlia. La prese in braccio con tenerezza e gli occhi solo per lei. Afferrò le manine e le baciò con gioia pazza. 
La madre restò impassibile. Per orgoglio non chiese: "E lei? Dov'è?". Si limitò ad alzarsi in piedi. Con gesti nervosi si sistemò il vestito. Poi ignorando l'uomo, lo lasciò da solo con la bimba e attraversò la portafinestra. Rientrò in casa. Dentro di sé era furiosa. Quella donna, ospite in casa sua, non si era presa la briga nemmeno di raggiungerla per salutarla. Avrebbe magari preteso di essere attesa e ricevuta con tappeto rosso e onori all'ingresso. E adesso sembrava essere scomparsa, quasi stesse giocando a nascondino nella sua abitazione! Era inaccettabile! Soprattutto nel giorno del compleanno di sua figlia! 
La madre della bambina continuava a contorcersi le mani. Poi finalmente la trovò. Nella camera da letto degli ospiti, distesa su un letto su cui alle volte lei stessa era solita riposarsi. Cercando di preservare la rabbia, esclamò: "Che succede? Qualcuno non si sente bene?". Sapeva di apparire provocatrice e sgarbata, ma non le importava. 
La donna si limitò a guardarla con occhi gelidi, ma non rispose. Si toccava il ventre come se avvertisse dolore in quel punto. Forse dei crampi. Poi sulla porta comparve l'uomo con la bambina in braccio. Guardò la madre della bimba con severità e contemporaneamente un senso di vergogna. Vergogna per l'atteggiamento dell'altra. Era consapevole del comportamento scorretto della donna che aveva portato in casa, ma scelse ugualmente di difenderla in silenzio come se fosse quello il ruolo che gli spettava. 
La madre della bimba non disse nulla. Si irrigidì, ferita dentro. Si abbassò allora sul letto per chiedere all'orecchio della donna con falsa premura: "Sono i dolori del ciclo?". Tuttavia in risposta fu allontanata con uno schiaffo leggero, come si cacciano le mosche. 
"Hai visto?" sbottò la madre scattando all'indietro. Gli occhi fissi sull'uomo che, con la bambina fra le braccia, la guardava completamente inerme. 


Racconto di Valentina Mazzella


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